Tredici stazioni chiuse. Sono gratis ma nessuno le vuole

Rfi vorrebbe affidarle ad associazioni no profit per una riqualificazione culturale. Ma anche per il volontariato

La stazione di Talamone (Aprili)

La stazione di Talamone (Aprili)

Grosseto, 21 settembre 2014 - SONO TREDICI le «stazioni impresenziate» del territorio grossetano che Rete ferroviaria italiana ha messo a disposizione di associazioni non profit per promuovere e ospitare le loro attività, in comodato gratuito. Si tratta di un’iniziativa nata diversi anni fa, che in alcuni casi ha prodotto trattative e interessamenti, ma che per vari problemi non si sono poi concretizzati. La mappa di queste stazioni traccia un po’ la storia dei piccoli centri maremmani, quelli che hanno via via perso servizi importanti, dagli uffici postali alle scuole fino, appunto, alla stazione ferroviaria. L’idea di Rfi di affidarle ad associazioni non profit, che avessero scopi di natura socio culturale o legati alla promozione del territorio, e quindi in ultima analisi anche turistica, era volta a rafforzare quel legame della stazione con la rete sociale di una comunità.

ORMAI INUTILIZZATE, in seguito alle grandi trasformazioni che hanno riguardato da una parte il sistema di controllo del traffico, adesso sempre più centralizzato, e dall’altra la possibilità di acquistare biglietti ovunque, adesso anche direttamente online, le vecchie stazioni dislocate nei centri minori, dove in diversi casi ormai da tempo non ferma neppure più il treno, rappresentano un peso che non ha senso sostenere. «Adibire parte dei locali di una stazione a sede di associazionismo non profit che opera nel campo dei servizi sociali di sostegno alla popolazione più esposta e indigente ­ spiegano nel documento ufficiale del Ferrovie – concorre a rinsaldare il concetto di stazione come centro di erogazione di servizi per la collettività e ne favorisce soprattutto nei centri minori la continuità del legame con gli abitanti». Delle esperienze attualmente in corso per un riuso di questi immobili tra le più qualificanti è la possibile riconversione della stazione come sede per attività di volontariato, anche in collaborazione con i comuni, che possono trovare strutture da far rivivere sul loro territorio. 

GIÀ CI SONO stati contatti anche per le stazioni della zona di Grosseto, ma spesso le cose non sono andate in porto per i costi elevati di ristrutturazione, soprattutto di quelle in condizioni più fatiscenti, che andrebbero a carico di chi le utilizzerebbe insieme ai costi di mantenimento. Questa è la causa che più delle altre ha negato una seconda vita alle stazioni impresenziate dell’area grossetana, che in buona parte sono ancora lì in condizioni sempre peggiori. Un limite, questo, che non ha comunque riguardato soltanto la Maremma, se di 1.700 stazioni impresenziate presenti sul territorio nazionale solo 480 sono state riaffidate. Tra gli esempio più significativi di riqualificazione, ci sono quello della stazione di Ronciglione, nella provincia di Viterbo, che è stata trasformata in casa di accoglienza per famiglie con bambini affetti da tumori, grazie all’impegno dell’associazione Cuore di Mamma, e quello della stazione di Osnago, in provincia di Lecco, gestita dal 2006 da un circolo Arci che si occupa di musica dal vivo, presentazioni di libri e spettacoli teatrali, attività corsistiche, bookcrossing, giochi di società, teatro, sport e integrazione sociale e culturale.