L'Universale, il cinema dove il protagonista era il pubblico

Tra verità e leggende, il film sul mitico cinema fiorentino ha un protagonista di Grosseto: Francesco Turbanti

Una foto di scena

Una foto di scena

Grosseto, 12 aprile 2016 - La storia di tre amici, Tommaso, Marcello e Alice, dei loro destini che s’intrecciano, si lasciano e poi si ingarbugliano di nuovo, in una serie di avventure a cavallo degli anni '70 e che incarnano i sogni, le illusioni e le sconfitte di una generazione. Ma è anche la storia del cinema di San Frediano a Firenze, l’Universale, e di tutti i personaggi che ci gravitavano intorno.

Il film "L'Universale" del regista Federico Micali esce in sala giovedì allo Spazio Alfieri e allo Stensen di Firenze e al Madison di Roma. L’anteprima oggi alle 21 al Teatro Verdi di Firenze.

Il protagonista è l'attore grossetano Francesco Turbanti, affiancato da Matilda Lutz e Robin Mugnaini. Nel cast anche Claudio Bigagli, Paolo Hendel, Vauro, Maurizio Lombardi e Anna Meacci.

Il film, distribuito da L’occhio e la luna con il supporto de Lo Scrittoio, presto arriverà anche allo Stella di Grosseto. Ne abbiamo parlato con Francesco Turbanti, non ancora trentenne, che ha già recitato in film importanti come "Acciaio".

Che tipo è Tommaso, il protagonista de L'Universale?

"Sono il figlio del proiezionista, cresco nella sala cinematografica che diventa la mia scuola e il mio parco giochi. Il cinema e i personaggi che lo frequentano, l'atmosfera che vivo mi fanno acquisire un punto di vista assolutamente originale, ironico e autoironico. Questi occhiali magici che ha Tommaso sono quelli attraverso cui lo spettatore può leggere la Storia, gli anni Settanta".

Il regista come l'ha preparata per interpretare questo periodo così particolare?

"Avevo già studiato gli anni Settanta per il film 'I primi della lista'. Ma qui dovevo entrare nella Firenze del periodo e nel mondo della storica sala di San Frediano, in via Pisana, chiusa nell’89. Mi hanno aiutato il regista ma anche i racconti di mio padre e dei miei zii che lo frequentavano quando studiavano a Firenze. Non era soltanto un posto dove guardare un film ma soprattutto un luogo di aggregazione".

 Nel film si rivivono gli episodi che hanno contribuito a crearne il mito. Uno emblematico?

"L'ingresso in sala di una Vespa mentre veniva proiettato Easy Rider. All'Universale, infatti, il vero spettacolo non era il film ma il pubblico, e il cinema riusciva ad essere allo stesso tempo sia il luogo che la pellicola, in una fantastica alchimia che non poteva prescindere dai sonori commenti della sala al film in corso. La persona con la Vespa entra in sala con il casco integrale: è un falso storico voluto. È una scelta per mantenere l'identità fantastica di chi in realtà fece quel gesto. Già perché ad ascoltare le testimonianze risultano almeno una decina ad attribuirsi quella vicenda".

Il film si può leggere come un atto d'amore nei confronti dei piccoli cinema?

"Sì. È un film indipendente e battagliero, girato con tanta passione. Un atto d'amore verso tutte le realtà cinematografiche che resistono nonostante la concorrenza spietata".

In cosa è impegnato quotidianamente?

"Lavoro con il mio gruppo teatrale Dynamis, che spesso realizza spettacoli anche a Grosseto. È il mio pane quotidiano, tra produzioni e laboratori nelle scuole".