Se un palazzo «green» non fa primavera. Bioedilizia da scoprire

Edificio hi-tech alla stazione. Carri: si può fare di più

Giacomo Biserni, progettista del palazzo

Giacomo Biserni, progettista del palazzo

Grosseto, 29 giugno 2015 - DA PICCOLI la storia dei Tre Porcellini ci ha insegnato che una casa di mattoni e cemento, realizzata con fatica e sacrificio, è la migliore arma per salvarsi dall’attacco del lupo cattivo. La bioedilizia invece ribalta la logica della favola e oggi ci spiega che legno, paglia, sughero, argilla, biomasse sono perfetti per avere una casa ecologica, confortevole e dai bassi consumi. Vicino alla stazione di Grosseto, tra via Matteotti e via Sonnino, l’impresa CbNext sta tirando su un palazzo avveniristico. Pensato e realizzato con criteri di costruzione che permetteranno di abbattere bollette (e inquinamento) di circa il 70%. Lo ha raccontato ieri su questo giornale Sarah Franci: impianto fotovoltaico, mattoni in fibra di legno, ascensore autoricaricabile, centraline per le auto elettriche nel parcheggio. Un tuffo nel futuro che però ancora ha pochi seguaci in Maremma, anche se il 40% dell’inquinamento in città, secondo una recente indagine del Comune, proviene dagli immobili mentre solo il 30% dal traffico. Mauro Carri, direttore di Ance Grosseto, l’associazione dei costruttori edili, parla di un «graduale sviluppo» della bioedilizia. Si potrebbe fare di più: «C’è ancora molto senso costruttivo tradizionale – ammette Carri – ma le agevolazioni fiscali e le certificazioni sul rendimento energetico per le compravendite stanno contribuendo alla crescita di questo particolare settore. Siamo ancora in una fase di sperimentazione su alcune tecniche di costruzione, per questo nella nostra scuola edile abbiamo attivato corsi di aggiornamento».

IMPOSSIBILE circoscrivere la portata del fenomeno. Numeri e statistiche, a livello locale, non ce ne sono: «Diverse aziende – assicura il direttore di Ance – stanno puntando decisamente su questo mercato che ancora rappresenta una nicchia in crescita, ma pur sempre una nicchia».

Serve anche una svolta culturale verso una nuova sensibilità ambientale. «Avere un tetto sopra la testa» è un’espressione che ci rassicura ma che non basta a sapere quanto sia salutare e dispendiosa la nostra casa. Un altro tema è infatti il recupero del patrimonio edilizio esistente secondo princìpi green. «Questa è una necessità che va al di là della sostenibilità – avvisa Mauro Carri – servirebbero ulteriori incentivi fiscali per questo tipo di interventi accompagnandoli con una crescita della sensibilità dei cittadini a certi temi. Se il costo iniziale oggi rappresenta un ostacolo importante rispetto alle tecniche tradizionali c’è da sottolineare anche gli innegabili risparmi di gestione nel medio e lungo periodo».

Il lupo cattivo non fa più paura ma l’inquinamento non è una favola. E per difendersi è meglio una casa di legno o di paglia.