Caso Tioxide, i rischi secondo l'Arpat: "Le tele filtranti erano radioattive"

I sindaci di Scarlino e Follonica: "Attenzione altissima" "IN QUELLA FABBRICA C'ERA RADIOATTIVITA'"

Tensione alla Tioxide (Agostini)

Tensione alla Tioxide (Agostini)

Scarlino, 14 ottobre 2014 - LINCHIESTA sulle presunte emissioni radioattive che provengono dal ciclo produttivo del biossido di titanio alla Huntsman Tioxide di Scarlino si arricchisce di particolari. Tra mezze ammissioni e dichiarazioni «istituzionali» dei sindacati, è arrivata anche la conferma dal dipartimento competente di Arpat. Da una’ispezione compiuta negli impianti nella seconda metà del 2013, sono stati rilevati valori fuori dalla norma per quanto riguarda il processo produttivo delle cosiddette tele filtranti. Numeri che alla polizia giudiziaria di Grosseto sono apparsi subito sospetti e che hanno fatto aprire un fascicolo dove per il momento risulta indagato un dirigente dell’azienda. «Lo smaltimento delle tele filtranti deve essere gestito tenendo conto di volta in volta della radioattività del rifiuto», hanno evidenziato i tecnici nella loro relazione, sottolineando invece come negli scarti di lavorazione del biossido di titanio, i gessi rossi, la soglia di rilevabilità della radioattività era considerata «insignificante». Un’ammissione che proietta l'inchiesta, adesso, nelle mani del procuratore capo della direzione distrettuale antimafia di Firenze, che dovrà approfondire altri aspetti di questa delicatissima vicenda.

Non solo per fare piena luce sulle emissioni fuori norma in un ciclo produzione che prosegue ininterrottamente da 14 anni, quanto per capire dove e come le tele filtranti siano finite. E’ qui che si è fermata, per ora, la procura di Grosseto, considerando che la competenza per materia spetta all’Antimafia. C’è da accertare cioè dove sono andate a finire le tele filtranti contaminate (insieme ai tubi e ai silos di stoccaggio dove passa la materia prima nel momento dell'idrolisi che la trasforma in biossido di titanio) e soprattutto se sono state smaltite come rifiuto tossico e nocivo come conviene ad un materiale contaminato dalla radioattività.

Verità che per il momento, a Scarlino e Follonica, nessuno conosce. Neanche i sindaci delle due cittadine direttamente interessate (Maurizio Stella e Andrea Benini) che hanno candidamente ammesso attraverso un comunicato congiunto «di aver appreso la notizia da La Nazione» e che adesso la loro attenzione «è altissima, come compete al nostro ruolo e alla nostra coscienza».

IN SUBBUGLIO, invece, le associazioni ambientaliste della piana del Casone, «stoppate» però da lacci burocratici difficili da spiegare a chi in quella fetta di Maremma ci vive da sempre. Come quelli del sindaco Maurizio Stella che ieri non ha autorizzato Patrizio Biagini, direttore del Consorzio delle Bandite di Scarlino, oasi faunistica venatoria dove si trova la cava di Montioni, luogo privilegiato per lo stoccaggio dei gessi di risulta, a concedere l’ingresso ad un pool di esperti con i rilevatori geiger per controllare se anche in quei rifiuti ci fosse un pericolo per la salute pubblica. Ma tant’è. Controlli, effettuati comunque sommariamente nella zona di confine con il polo chimico, che non hanno evidenziato limiti fuori dalla norma.

Parla invece apertamente di «vergogna» Monica Faenzi, deputato del Pdl e consigliere di minoranza a Scarlino: «Il sindaco Stella dal momento della sua elezione, nella scorsa primavera, non ha mai convocato la Consulta ambientale. Invece, visto che parliamo dell salute dei cittadini, servirebbe la massima trasparenza. Il sindaco Stella dice che non sapeva niente dell’inchiesta? E’ strano, visto che è stato addirittura un sindacalista alla Tioxide».