Casone, la piana dei veleni: sono inquinati due terreni su tre

Rilievi choc di Scarlino Energia: fuori norma 29 campioni su 44

Il laboratorio analisi di Scarlino energia

Il laboratorio analisi di Scarlino energia

Grosseto, 20 maggio 2015 - Ci sono voluti venti anni. Venti anni di denunce, annunci, dati allarmanti e insabbiamenti, sentenze e proclami. Questa volta, però, il «Punto Zero», ovvero lo studio dei campionamenti di suolo e dei sedimenti nell’ambito dello studio di monitoraggio per individuare – una volta per tutte – le condizioni ambientali della piana del Casone attraverso lo studio dei recettori sensibili, lo ha commissionato proprio la Scarlino Energia srl. L’azienda che sta cercando di far riaccendere i forni dell’inceneritore. Spenti (per due volte nel giro di tre anni) a suon di sentenze dal Consiglio di Stato. Un’indagine ecotossicologica integrata, esaustiva e allarmante, su una realtà ambientale complessa sia dal punto di vista geologico che idraulico. Resa pubblica dal Forum Ambientalista da Roberto Barocci, che ieri ha illustrato i pericoli che ci sono in quella zona.

L’area di studio individuata è di forma circolare e comprende circa 28 chilometri quadrati nelle campagne che abbracciano Follonica e Scarlino. I dati sui terreni? Preoccupanti: su 44 campioni, 29 sono fuori i limiti di legge per una presenza fuori norma di arsenico, zinco, piombo e cadmio. In soldoni, i due-terzi dei terreni in superficie (fino a 2 centimetri di profondità), in un raggio di 3 chilometri dalla piana del Casone, solo altamente inquinati. Non si tratta di siti industriali e, tranne sei, sono di proprietà di privati, per lo più collocati in prossimità di strade poderali, canali, piazzali e argini. Manufatti realizzati in gran parte con rifiuti tossici. Ovvero le ceneri di pirite, il residuo della lavorazione di quando l’impianto era di proprietà di Eni. Le contaminazioni più diffuse e che suscitano maggiore preoccupazione sono quelle prodotte da composti organici, metalli e amianto, proprio in superficie.

«Un rischio elevato per la salute umana e gli ecosistemi» si legge a pagina 99 dello studio di impatto ambientale prodotto proprio dalla Scarlino Energia. Le zone? Conosciute. E soprattutto popolate, e anche coltivate con orti, frutteti e oliveti. Ma anche pascoli con animali che poi vengono mangiati dall’uomo: da Santamaria a Cassarello, zona Ippodromo, Canna Vuota, Acqua Village. E poi La Botte, Beccanina, Poggio Forcola e Il Pino. Solo per citarne alcuni. La maggior parte con concentrazioni di arsenico, poi zinco e piombo da far accapponare la pelle. La ricerca é stata presentata a marzo 2015 con lo Studio di Impatto Ambientale (Sia) dall’azienda che vuole riaccendere l’inceneritore per ottenere una nuova Via perché ritiene che, l’impianto di incenerimento, se mai sarà riattivato, non aggiungerà nulla all’inquinamento presente nel territorio.

Ma non solo, però, campi, strade, pascoli e orti altamente inquinati. Scarlino Energia ha analizzato anche i fanghi depositati sulla foce del canale Solmine, scarica in mare i reflui non solo di Scarlino Energia, ma anche di Tioxide, Nuova Solmine e del depuratore di Follonica. Sono stati prelevati campioni di fanghi sia sul lato destro, che sul lato sinistro del Canale e i dati analitici del lato destro sono tutti fuori norma anche di 10 volte di arsenico, ma anche pericolosi anche per mercurio, piombo e zinco. Elementi altamente cancerogeni che vengono liberati in mare a due passi da Follonica. Sono circa 73 le tonnellate l’anno di solidi che Scarlino Energia ritiene sostenibile scaricare nel canale Solmine. Forse troppi per un territorio che ormai al limite.

Matteo Alfieri