Mercoledì 24 Aprile 2024

Omicidi Meyntser e Benetti: decisivi i primi giorni di indagini

Riprese video e macchie di sangue i momenti di svolta / BERTINI CONDANNATO A TRENTANNI DI CARCERE / IL DOSSIER SU BILELLA

RITROVAMENTO La scarpata dove il 24 ottobre 2013 è stato recuperato il corpo di Irina Meyntser in località Purgatorio

RITROVAMENTO La scarpata dove il 24 ottobre 2013 è stato recuperato il corpo di Irina Meyntser in località Purgatorio

Grosseto, 25 gennaio 2015 - FONDAMENTALI le prime ore di indagine, a tal punto che non dare importanza anche a un minimo dettaglio o non dare seguito a un dubbio che sorge nel ricevimento di una denuncia piuttosto che di una segnalazione anonima - perché anche queste possono essere accettate in casi particolari dalle forze dell’ordine – può compromettere l’esito positivo di un’indagine. Ne è un esempio tipo l’inchiesta sulla sparizione prima e omicidio poi di Irina Meyntser, la 47enne ucraina uccisa dal compagno Sergio Bertini, tecnico informatico di 48 anni che martedì scorso è stato condannato a trent’anni di reclusione per omicidio premeditato. «In questa specifica vicenda la particolarità – spiegano i carabinieri del Nucleo investigativo di Grosseto – è che la denuncia è stata presentata da chi poi si è rivelato essere l’omicida. Ma qualcosa fin da subito non è tornato ai militari che hanno ricevuto la segnalazione. Troppo puntuale in alcuni particolari e vaga in molti altri». E’ qui che deve scattare il dubbio, fondamentale soprattutto nei casi di scomparsa. Il ritrovamento del cadavere della vittima, 11 giorni dopo l’omicidio, in località Purgatorio all’Argentario ha segnato un altro passaggio fondamentale: a far combaciare la scomparsa con la povera vittima ha pesato la tempestività degli investigatori e quello che il comandante provinciale dell’Arma Gerardo Iorio definisce «gioco di squadra». I dubbi hanno cominciato a prendere corpo e col racconto della scomparsa da parte del potenziale colpevole, i militari grossetani hanno cominciato a cercare riscontri. «I fotogrammi della stazione ferroviaria di Roma Ostiense che ritraggono Bertini da quando scende dal treno con la valigia di Irina – spiega un maresciallo del Nucleo – fino a quando la lascia nel binario dove è stata trovata, lui che indossava gli stessi abiti di quando ha presentato la denuncia, sono stati il punto di svolta e la conferma ai nostri sospetti. Ma bastava arrivare con qualche ora di ritardo che già i filmati della stazione non li avremmo avuti più, perché vengono cancellati da quelli successivi». La confessione all’obitorio davanti al corpo della donna è stata la chiusa dell’indagine.

«Non ha ceduto subito – racconta un maresciallo che era insieme a lui all’obitorio – , all’inizio è rimasto sulle sua, limitandosi a riconoscere il corpo dai piedi. Ma si vedeva che era nervoso. Poi la confessione e le lacrime». Minuti fondamentali anche per le indagini sulla sparizione di Francesca Benetti, per il cui omicidio è in corso il processo al custode di Villa Adua, Antonino Bilella, il quale si dichiara innocente, ma che è stato rinviato a giudizio per omicidio premeditato. Viene da sottolineare che se l’auto che Bilella aveva portato a rottamare ( dove sono state trovate le tracce del sangue della vittima,) non fosse stata recuperata in tempo, comunque prima della rottamazione, oggi verrebbe a mancare uno degli indizi più importanti dell’inchiesta sul delitto di Villa Adua. Così come determinante la tempestività nel rilevamento delle le numerose tracce di sangue isolate nell’appartamento della donna grazie ai militari del Ris: punto di svolta che ha aperto lo scenario dell’omicidio. Tempestività e gioco di squadra, appunto.