Eccezionali ritrovamenti nel parco archeologico di Vetulonia

Scoperti un dolio ancora in piedi, alcune anfore da olio e da vino oltre a un gruppo di sette bronzetti figurati

I reperti ritrovati nella domus dei Dolia

I reperti ritrovati nella domus dei Dolia

Grosseto, 6 novembre 2015 - Eccezionali ritrovamenti a Vetulonia. Lo scavo della Domus dei Dolia, abitazione che risale a 2300 anni fa (III secolo avanti Cristo), ha riportato alla luce reperti straordinari. Il territorio di Vetulonia, in origine Vatl, fu abitato sin dal IX secolo a.C., nel periodo villanoviano, come testimonia il ritrovamento di alcune necropoli; ma fu a partire dal VII secolo a.C., al tempo del massimo splendore della civiltà etrusca, che l'area diventò sede di sviluppo di una città più organizzata. Importante centro commerciale, finì col tempo a dover competere con la vicina Roselle, fondata su un'altura oltre la piana, poco più a oriente. Il vasto sito archeologico è ciò che resta degli antichi insediamenti che si sono succeduti nel corso dei secoli e che hanno costituito le vestigia dell'attuale borgo di Vetulonia. A "riscoprire" l'antica Vatluna fu nell'Ottocento Isidoro Falchi, al cui nome è intitolato il museo archeologico di Vetulonia. Incredibilmente ancora ai giorni nostri avvengono scoperte di grande valore storico.

«È molto raro - spiega Simona Rafanelli, direttore scientifico del museo archeologico Falchi - il ritrovamento di una casa etrusca che abbia mantenuto i muri a secco. Come rari e unici sono gli oggetti ritrovati al suo interno. Alcuni risalgono a periodi precedenti all'abitazione, e quindi forse erano parte di un tesoro di famiglia«. Tra i reperti già restaurati spicca un cavallino in bronzo, decorazione di un candelabro. Gli scavi, grazie all’impegno finanziario dell’Amministrazione comunale di Castiglione della Pescaia e di sponsor privati come C.M. Studio, sono diventati parte fondamentale del Progetto Vetulonia che si impegna ad esplorare le zone non ancora scoperte della città antica. Questa campagna ha preso vita soprattutto grazie all’operosa attività dei volontari dell’associazione Isidoro Falchi. La Domus dei Dolia era un edificio che venne distrutto, come l’intero quartiere, da un incendio agli inizi del I secolo avanti Cristo.

Nel piccolo ambiente che chiudeva ad ovest l’abitazione, sotto il crollo del tetto e delle pareti, un clamoroso ritrovamento: quasi al centro della stanza che conteneva, oltre a un dolio ancora in piedi, alcune anfore da olio e da vino, è stato rinvenuto un gruppo di sette bronzetti figurati. Particolarmente importanti sono i tre a figura maschile databili nel III e nel II secolo a.C. Oggetti devozionali che dunque appartenevano originariamente a un ambiente di culto che non si può ancora localizzare con certezza. Nella casa avrebbe potuto sorgere, così come nelle case romane di Pompei, un larario, ossia un tabernacolo con le immagini degli dèi protettori. In ogni caso il luogo di ritrovamento, assimilabile a un magazzino per la presenza degli orci e delle anfore, non era certo la loro sede originaria. Uno dei bronzetti esibisce un copricapo che ricorda quello appuntito dei più celebri sacerdoti etruschi, gli aruspici. L’insieme di questi oggetti solleva una serie di misteri ancora insoluti: qual è la ragione della presenza di oggetti così disparati e di qualità così elevata in un luogo tanto estraneo alla loro vocazione primaria? A questa domanda e alle moltissime altre che lo scavo ha suscitato si cercherà di dare risposta nel proseguo delle ricerche.

D’altro canto, lo scavo della Domus dei Dolia non rappresenta che il primo gradino di un lungo e complesso percorso che mira a riportare alla luce l’intero quartiere urbano di Poggiarello Renzetti, con le sue case, le sue strade, le sue botteghe artigiane, con le sue piazze per gli uomini e i suoi templi per le divinità. «Questi reperti - sottolinea Simona Rafanelli, direttore scientifico del museo archeologico Falchi - rimarranno a Vetulonia«. Gli impiantiti verranno protetti con delle coperture. E l'idea è di creare un museo all'aperto per dare modo al visitatore di poter immergersi in quella che era la vita quotidiana dei nostri antenati. Così alcuni reperti potrebbero essere esposti direttamente nel sito archeologico di appartenenza, questa casa di 2300 anni fa che rappresenta «una piccola Pompei«.