Le beffa delle tartarughe: attese per mesi ma il nido non c’è

Lungo presidio, poi la decisione di scavare nella sabbia, ma il nido non c’è

Il momento dello scavo sulla spiaggia di Capalbio dopo tre mesi di attesa

Il momento dello scavo sulla spiaggia di Capalbio dopo tre mesi di attesa

Grosseto, 16 ottobre 2016 - Sotto la sabbia c’era solo altra sabbia; nessuna traccia delle agognate uova di tartaruga. Quanta emozione, venerdì alla spiaggia del Chiarone a Capalbio, e quanta delusione quando si è capito che gli scavi non portavano a niente, che non c’era traccia delle uova che la tartaruga marina «Caretta caretta» avrebbe depositato, proprio davanti al Campeggio Capalbio, lo scorso 21 luglio.

L’attesa era grande perché si pensava di avere l’occasione – la prima in Toscana – di seguire, studiare e analizzare passo dopo passo l’incubazione e la nascita di una nidiata di «Caretta caretta», specie protetta e abituata a scegliere spiagge calde e selvagge del Sud Italia, da Lampedusa alla Calabria, dalla Sicilia alla Sardegna, con rare incursioni più a nord. L’anno scorso sulla spiaggia della Giannella (Orbetello) il tentativo di riproduzione era andato a buon fine: qualcuno, a fine settembre, aveva notato alcune piccole tartarughe spuntare dalla sabbia e correre verso il mare e si era anche riusciti a individuare il nido. Mancavano però tutte le informazioni sulla tartaruga madre e sui tempi di incubazione, che si sperava di acquisire quest’anno a Capalbio.

«La scelta di nidificare così a nord – dice Fabio Cianchi, responsabile dell’oasi Wwf del Lago di Burano – può essere legata all’innalzamento delle temperature o altri fattori che andranno studiati, ma certo è un buon segnale per la salute del nostro territorio». Tutto era cominciato, all’alba del 21 luglio scorso, quando due turisti svizzeri si erano imbattuti nella tartaruga: non l’avevano vista scavare, ma si è supposto che si fosse spinta così lontano dall’acqua per deporre le uova. A partire dalle indicazioni (e dalle fotografie) dei due turisti è scattata l’operazione che potremmo denominare «Aspettando Caretta», parafrasando il Beckett di «Aspettando Godot», visto che non c’è mai stata certezza che sotto la sabbia ci fossero davvero il nido.

Sono intervenute l’Arpat e l’Università di Siena, mentre Legambiente e Wwf organizzavano la sorveglianza permanente, giorno e notte, scoprendo l’entusiasmo di molti volontari, alcuni arrivati anche da lontano.

«Sono venuto qui tre volte per i turni e sono tornato per lo scavo – dice Alessandro Bicheri, che vive fra Chiusi e il Trasimeno – con la speranza di dare una mano a questi animali selvatici che vivono in condizioni impossibili, fra reti, pesca, inquinamento». Le uova però non c’erano. Godot-Caretta non è arrivato neanche stavolta. Cecilia Mancusi dell’Arpat, che ha scavato con le proprie mani insieme con Letizia Marsili dell’ateneo senese, ammette: «Un po’ di delusione c’è, ma eravamo preparati. Forse la tartaruga stava solo facendo un’esplorazione, magari ha fatto il nido poco lontano da qui». L’appuntamento – forse – è solo rimandato.