Pesca, Manai lancia l'allarme: "Questo fermopesca ci paralizza. Danni ingenti"

Il consigliere nazionale di Federpesca attacca

Un peschereccio in azione (foto di repertorio)

Un peschereccio in azione (foto di repertorio)

Grosseto, 24 giugno 2017 - Si prospetta un autunno di “battaglie” politiche ed amministrative per i pescatori della provincia di Grosseto. Battaglie non con pesci del mare Tirreno, ma contro la scelta del fermo biologico fissata per il 2017. La Giunta di Federpesca, riunita a Roma, ha assunto all’unanimità una posizione netta sulla prospettiva di reiterare nell’anno in corso un ulteriore periodo di fermo biologico, senza che siano state corrisposte alle imprese le indennità loro dovute per il fermo osservato obbligatoriamente negli anni 2015 e 2016.

“Vogliono impedirci di andare a pescare a settembre – spiega Roberto Manai, consigliere nazionale di Federpesca -. Credo che chi prende certe decisioni dovrebbe ragionare, prima di agire. Vogliono obbligarci a stare fermi per 45 giorni, ma se andrà bene ce ne pagheranno 30. Tutto ciò senza dimenticare che devono ancora pagarci la cassa integrazione degli ultimi due anni”.

L’interruzione prolungata dell’attività di pesca, imposta nello scorso biennio attraverso il fermo biologico ed il fermo tecnico, ha costretto le aziende a sopportare comunque i costi di armamento del peschereccio, anche in considerazione del ritardo e delle inefficienze derivate dalla corresponsione delle indennità di Cassa Integrazione per gli equipaggi. In provincia di Grosseto ci sono 49 pescherecci: 20 tra Porto Santo Stefano e Porto Ercole, 10 per la piccola pesca (sotto le dieci tonnellate) a Scarlino, 10 per la piccola pesca e 9 più grandi a Castiglione della Pescaia.

Il tutto per un indotto che porta lavoro a circa 150 persone – direttamente impegnate sui pescherecci -, senza considerare chi lavora nei magazzini, i distributori di carburante e il settore della ristorazione. “Le norme escludono l’impresa dal diritto all’indennità anche per un solo giorno di ritardo nel presentare la documentazione richiesta per l’ammissione all’indennità di fermo – aggiunge Manai - , ma poi l’Amministrazione si auto-concede due anni di ‘flessibilità’ nel pagamento”. Sulla misura stessa, anticipata dalla Direzione Generale della Pesca in una recente riunione, molte sono le obiezioni provenute dalla Giunta di Federpesca.

“Si continua a riproporre un fermo davvero poco utile – precisa poi -, perché non ne sono chiari gli obiettivi di conservazione delle risorse ittiche e pure trascurato l’impatto commerciale sulle imprese di pesca. Importiamo l'86% del pesce fresco, compriamo dalla Tunisia – tuona Manai -, che pesca senza regole della Comunità Europea, e noi siamo schiavi di queste leggi”.