Grosseto, 8 febbraio 2014 - SULLO SFONDO le dolci colline maremmane. E in primo piano un candido agnellino sgozzato con il sangue che cola dal collo sbranato da un predatore. Si tratta di una serie di manifesti, affissi a Grosseto, il primo passo di una campagna a sostegno della lotta contro i predatori delle greggi. «Difendiamo gli allevamenti e difendiamo le nostre origini» si legge. A decidere la campagna choc sono le associazioni di agricoltori della provincia di Grosseto che hanno deciso di passare all’attacco, manifestando in questo modo il disagio che gli allevatori hanno. Magari aprendo un dibattito o un’ampia riflessione su un problema che sta esplodendo nelle mani della politica grossetana. «Si tratta di una campagna decisa a tavolino — spiega Enrico Rabazzi della Cia —. L’anno scorso tutti si scandalizzarono quando i vegani affissero dei cartelli contro la carne inscatolando addirittura un bambino e adesso è stato dato molto risalto alla morte di 8 lupi. Indignazione giusta ma a fronte di otto lupi sono state migliaia le pecore uccise.

 

In dieci anni si contano oltre 60mila capi persi per quel motivo». Rabazzi parla di dignità: «Le pecore hanno la stessa dignità dei lupi — ha proseguito Rabazzi — con questa campagna cercheremo di far riflettere e porre rimedio. Ma non uccidendo i lupi, ma cercando di catturarli e immetterli nel territorio di loro competenza». La sua provocazione «tocca» gli animalisti: «Gli animalisti possono anche decidere di aiutare gli allevatori controllando gli allevamenti nei campi. E poi vedremo se si indigneranno quando verranno attaccati da branchi di cani. Ho visto la montagna di pecore morte di un mio amico allevatore: se fossero stati lupi si sarebbe mossa tutta la politica. Ci hanno definito assassini e sfruttatori ma non hanno rispetto del lavoro dei pastori che inizia e finisce di notte». Antonfrancesco Vivarelli Colonna allarga il tiro.


IL PRESIDENTE provinciale di Confagricoltura è soddisfatto della vasta eco dei cartelloni choc: «Tra qualche giorno li metteremo anche a Firenze, Siena e Arezzo — dice —. Non si parla di lupi ma di predatori anche perché crediamo ai progetti, Medwolf e Ibriwolf, che ha messo in campo la provincia. Questa campagna è nata dal fatto che non esiste un piano normativo che ci tutela e anzi siamo additati come assassini o barbari. Si tratta quindi di un’operazione verità per far capire quali siano le nostre rimostranze per il nostro tessuto zootecnico». Chiude con le richieste: «Vogliamo che il danno dei predatori venga ripagato e soprattutto chiediamo un piano severo sul randagismo perché non si possono continuare a spendere 5 euro al giorno per un cane randagio e poi non ci sono servizi per i disabili».