Grosseto, 28 gennaio 2014 - Nuova udienza in corso al processo per il naufragio della Costa Concordia (avvenuto il 13 gennaio 2012 di fronte all'Isola del Giglio, con la morte di 32 persone) che vede imputato il comandante della nave, Francesco Schettino.

Maurizio Campagnoli, 'industrial and employees relations director' di Costa Crociere e componente dell'ufficio legale della compagnia di navigazione ha raccontato che dopo l'incidente della Concordia "la Costa ha reso obbligatorio per i comandanti delle sue navi fare test con lo psicologo''.

"Quella che era una prassi in uso nella compagnia _ha spiegato Campagnoli_ è diventata una procedura obbligatoria che i capitani di nave devono osservare periodicamente".

Campagnoli ha riferito della riunione dell'unità di crisi alla sede della Costa a Genova la sera del 13 gennaio 2012, mentre era in corso il naufragio all'Isola del Giglio. ''Arrivai all'unità di crisi intorno alle 23_ ha raccontato_ c'erano Ferrarini e Parodi e chiesi immediatamente cosa fosse successo. Mi dissero che sulla Costa Concordia c'era stato un black out''. Inoltre ''Parodi disse che la nave poteva essere riparata'' ha proseguito Campagnoli che vide ''Ferrarini che tramite auricolare stava parlando con Schettino, ma non sentivo quello che diceva al comandante. Mi ricordo quello che confermò Ferrarini, cioè che era stata da poco data l'emergenza generale''.

L'udienza di oggi vede la testimonianza dei dirigenti di Costa Crociere, a partire dall'avvocato Cristina Porcelli che ricorda le fasi successive alla tragedia. ''Giungemmo all'isola del Giglio la mattina dopo il naufragio della Concordia _racconta Porcelli_ e chiedemmo di incontrare il comandante per capire la dinamica dell'incidente e poi per poterlo riportare, anche agli assicuratori, e comunque per avere un quadro più chiaro della situazione. Il comandante Schettino ci disse che a un certo punto sentì un urto laterale a poppa, che lo scoglio non era segnalato sulle mappe nautiche, che diede ordine di mettere il timone tutto a dritta e poi tutto a sinistra per governare la nave sbilanciata".

Questa è la prima udienza in cui compaiono dirigenti di Costa che si occuparono, da terra, della crisi della Concordia dopo il naufragio. Proseguendo il suo racconto l'avvocato Porcelli, che fece parte dell'unità di crisi la sera del naufragio, ha anche detto che ''il comandante diceva di aver fatto una manovra che aveva salvato vite umane'' ma anche che ''non fece nessun cenno alle vittime, né alla tragedia' e continuava a dire di essere un comandante di grande esperienza''. Poi la testimone accompagnò Schettino alla capitaneria di Porto Santo Stefano da dove il comandante cominciò ad essere assistito dall'avvocato Bruno Leporatti ''legale che fu consigliato dall'azienda, in quanto Schettino era un dipendente e ancora non si conosceva l'esatto svolgimento dei fatti''.

Quindi è toccato al dirigente di Costa, Paolo Mattesi, che faceva parte dell'unità di crisi della compagnia la sera del 13 gennaio 2012 come direttore della 'safety' della flotta e vice Dpa (Designated person ashore), figura di contatto fra le navi in mare e le strutture operative di terra della stessa Costa Crociere.

"Alle 1.30 _ha raccontato Mattesi_ partimmo da Genova per il Giglio con altri colleghi dell'unità di crisi, ci fermammo prima a Livorno, alla capitaneria di porto dove c'erano l'ammiraglio Dell'Anna, il comandante De Falco, altri ufficiali. E' da lì, dopo le 4, che parlai al telefono con Schettino e gli dissi che non c'era bisogno che risalisse lui a bordo della Concordia. Era scosso, provato. Gli dissi che a bordo ci sarebbe andato il safety manager della nave Martino Pellegrini''.

''Quella sera _ha anche ricordato Msttesi_ ero sceso da un aereo dall'Inghilterra, trovai due sms sul cellulare da cui capii che c'era un problema. A mezzanotte e mezzo arrivo in sala unità di crisi Costa a
Genova. Trovo l'ingegner Parodi che era con personale del Rina, l'ente di certificazione, in una sala attigua. Roberto Ferrarini (a capo dell'unità di crisi quella sera, ndr) mi dice che la nave era già sbandata di 80 gradi''.

Mattesi in aula ha ripercorso le fasi dell'emergenza e ricostruito il flusso di informazioni frammentarie che via via giungevano a Genova. Sempre durante la sua testimonianza sono state fatte anche ascoltare due telefonate del 25 febbraio 2012 con un altro comandante di nave Costa, Massimo Garbarino, il quale discute con lui se fosse corretto o meno lasciare alcune porte stagne della nave aperte durante la navigazione per motivi pratici (per accedere agevolmente ai locali lavanderia e biancheria).
Garbarino dice di non voler ''finire sulla graticola'', ma Mattesi lo rassicura e gli suggerisce di tenere le porte stagne chiuse nei periodi in cui l'equipaggio non ha bisogno di movimentare i carrelli.