Grosseto, 15 maggio 2013 - IL CLIMA all’interno del teatro Moderno di Grosseto, per l’occasione di nuovo trasformato in un’aula di tribunale, ieri pomeriggio si è surriscaldato quando la Procura ha dato il proprio assenso alla richiesta di concordare la pena per cinque dei sei imputati per il naufragio della Costa Concordia. Ma ha negato il proprio «sì» all’ex comandante della nave da crociera, Francesco Schettino.

Alla proposta dei suoi legali di cavarsela con tre tre anni e quattro mesi di reclusione, il procuratore capo Franceso Verusio e i tre sostituti presenti in aula hanno detto un secco «no». Lui non può patteggiare.

«Non l’ho chiesto io — si è giustificato all’uscita dal teatro Schettino — ma i miei legali». Infantile. Non ha molta voglia di parlare il capitano di Meta di Sorrento, che da lunedì sera è tornato a Marina di Grosseto. Il suo atteggiamento non è più baldanzoso come nelle prime apparizioni per l’incidente probatorio. Anche ieri mattina, quando è arrivato sul retro del Moderno, intorno alle 9.30, vestito come al solito in un impeccabile completo da cerimonia, non si è voltato verso i giornalisti, ha subito imboccato la via delle scale. Poche battute anche all’uscita, scuro in volto.

Il niet al patteggiamento pesa, considerando che il procuratore capo ha rincarato la dose con un commento che spazza via ogni dubbio, se mai ci sia stato, su come Schettino per la Procura di Grosseto sia il vero responsabile di quella incredibile tragedia. «Deve essere ancora ribadito — ha concluso Verusio — come l’imputato Schettino porti il peso quasi esclusivo nella dinamica della impressionante catena di errori commessi».

Accettate invece da parte della Procura, le istanze di concordare la pena presentate dagli altri cinque imputati. E così Ciro Ambrosio potrebbe liquidare il proprio conto la giustizia con un anno e 11 mesi di reclusione, Silvia Coronica con un anno e sei mesi, il timoniere indonesiano Jacob Rusli con un anno e otto mesi, Manrico Giampedroni, il commissario di bordo, con due anni e sei mesi e, infine, Roberto Ferrarini, capo dell’unità di crisi di Costa Crociere con due anni e dieci mesi.

Pene comunque non elevate considerando che nel naufragio sono morte trentadue persone. Ma che si sposano con la convinzione del pool di magistrati che il ruolo principale nel più grande disastro marittimo italiano l’abbia avuto Capitan Inchino, come è spesso stato ribattezzato dopo il naufragio.

Il pallino ora è nelle mani del giudice Pietro Molino. E’ soltanto lui che in questa fase può dire l’ultima parola: cioè ammettere o non ammettere — e quindi farle diventare sentenza — le richieste presentate. Si è preso un giorno intero per pensarci. Fino a domani, quando, riprenderà l’udienza preliminare e il giudice scioglierà le sue riserve. Nel frattempo si sprecano i commenti. La rabbia di molti legali che assistono le parti civili. «Oltre il danno la beffa», hanno tuonato alcuni avvocati una volta usciti dal Moderno. 

NON SONO mancati i «Vergogna». «Non è possibile — ha proseguito il legale di due naufraghi greci — chiederemo l’intervento delle ambasciate. Ma come è possibile. Ammettendo tutti al patteggiamento si fa in modo che non ci sia la possibilità di ottenere risarcimenti già in sede penale. E’ incredibile».

Una lamentela comune e che ha spinto alcuni dei legali presenti al Moderno a chiedere che i patteggiamenti siano condizionati al risarcimento dei danni. Anche su questo l’ultima parola spetterà al giudice Molino.

Ma qual è lo scenario che si apre ora per Schettino? Uno dei suoi legali, l’avvocato Domenico Pepe, non ha escluso che domani per il suo assistito venga chiesto il giudizio con rito abbreviato. Questo è dovuto e non a discrezione di Procura o giudice. E permette comunque di beneficiare di un terzo della pena.

Anche se ieri sera lo stesso Schettino ai microfoni di Rai Uno ha dichiarato: «Andrò al dibattimento. Andrò fino in fondo». L’altro nodo che dovrà sciogliere il gup riguarda la richiesta della difesa del comandante di effettuare una simulazione del naufragio utilizzando la nave gemella della Concordia, la Costa Serena. Ancora contro Le Scole? Chiedere ai gigliesi. Il giudice si dovrà infine pronunciare anche sulla richiesta di alcune parti civili di porre sotto sequestro conservativo una nave di Costa Crociere, la Diadema, ancora in costruzione nei cantieri di Marghera e che dovrebbe essere il nuovo gioiello della compagnia.

di Cristina Rufini