Grosseto, 13 ottobre 2012 - A PRIMA VISTA sembrerebbero foto goliardiche, una festa in maschera in un paradiso archeologico, un po’ «Cafonal», per dirla alla Dagospia. Ma dopo i «party» in maschere da maiale dei consiglieri regionali del Lazio e, soprattutto, dopo un’estate infarcita di polemiche sulla salvaguardia dell’isola di Giannutri, minacciata dall’immondizia e dall’abbandono, gli scatti «taggati» su Facebook da uno dei partecipanti a quella festa diventano uno spunto per polemiche velenose e critiche dirette per gli scarsi controlli sul patrimonio dello Stato. Giovani con toghe, pepli e corone d’alloro, rampolli autodefinitisi «gente di Giannutri» che vogliono imitare il John Belushi e i «toga party» di Animal House. Con commenti entusiastici sull’isola, sui tramonti e su quanto si è «ganzi» a organizzare un evento del genere.

La realtà è molto diversa, però. Non si è ancora sopita l’eco delle polemiche del sindaco del Giglio, Sergio Ortelli, per l’immondizia lasciata a Giannutri e per i servizi ridotti dello smaltimento. Così come non è stata trovata una soluzione allo spopolamento dell’isoletta, abitata da 20 persone d’inverno, anche perché inserita nel parco dell’arcipelago con tanto di vincoli per la tutela. A rincarare la dose, l’appassionata difesa di Paola Rendini, della Soprintendenza dei beni archeologici, che il 27 settembre su «Giglionews», contestava vibratamente le accuse di «abbandono, degrado e assenza di controllo della villa romana», definendole «notizie fuorvianti e inesatte». Solo per dare un assaggio di storia, Villa Domizia risale al II secolo dc, fatta costruire dalla famiglia imperiale dei Domizi Enobarbi. Che non lesinarono sulle spese nell’edificare quella dimora con una terrazza mozzafiato sul mare. Gli scavi hanno portato alla luce resti di pavimenti decorati con mosaici in bianco e nero, ed è ancora visibile il sistema di cisterne e conduttore che distribuiva in tutta l’isola acqua piovana.
 

FINITA la lezioncina, riecheggiano le repliche della soprintendenza. «La villa di Giannutri non è affatto abbandonata - scriveva Paola Rendini - ci sono stati interventi diretti con finanziamenti straordinari e cospicui del ministero per i beni culturali per il restauro e la manutenzione. La villa romana non è sepolta dall’immondizia, semmai è circondata visto che l’area delle strutture antiche è delimitata da una recinzione, seppure danneggiata e piena di buchi. Chi entra nella villa contravviene comunque a un divieto di accesso imposto dal ministero, perché l’area non è in sicurezza». Lette oggi, quelle parole fanno sorridere. Difficile conciliarle con un gruppo nutrito di giovani in toga che bevono vino e si divertono tra i resti della villa romana. Che non è «abbandonata» e dovrebbe essere inviolabile, visto che è patrimonio dello Stato. Almeno ad ascoltare la soprintendenza.