Grosseto, 24 giugno 2012 - "Volevo scendere, ma lui è ripartito e non ho fatto in tempo". Maksim Deromemay, albanese di 21 anni, aveva anche alzato le braccia quando i poliziotti hanno intimato a lui e al cugino Hola Panajot di uscire dall’auto. «Poi ho visto il sangue e ho avuto paura». Il giovane albanese avrebbe anche detto che sarebbero stati circa dieci gli spari sentiti nella fasi concitate dell’inseguimento.

«Ma non sapevo che nella valigetta ci fosse la droga — ha aggiunto — mio cugino mi aveva detto soltanto di accompagnarlo a Firenze». Deromemay, arrestato al termine della sparatoria di Casal di Pari, mercoledì notte, è stato interrogato ieri mattina nel carcere di via Saffi, nel corso dell’udienza di convalida. Un’ora e mezzo di confronto serrato con il pubblico ministero Filippo Maffeo e il giudice per le indagini preliminari, Valeria Montesarchio, assistito legalmente dall’avvocato Cesare Martucci del foro di Firenze.
 

Il ventunenne è finito in manette con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, dopo che gli agenti hanno trovato nell’auto su cui viaggiava insieme a Panajot dieci chili di marijuna. E’ stato bloccato dai poliziotti dopo un breve inseguimento a piedi. Ma come ha ribadito più di una volta ieri mattina, non stava scappando perché sapeva della droga, ma perché spaventato dagli spari e dal cugino che non dava più segni di vita.
 

Ma il gip Montesarchio non ha creduto che non sapesse della presenza della droga, considerando che ha convalidato l’arresto e disposto che il ventunenne resti dietro le sbarre. Pare, invece, che il pm Maffeo ritenga attendibile la ricostruzione che è stata fatta sulle fasi concitate della fuga e della sparatoria. La Volkswagen Golf su cui viaggiavano i due cugini è stata fermata alle 23.05 lungo la Grosseto-Siena, all’altezza di Casal di Pari, a un posto di blocco della polizia.

L’alt intimato prima a tir e poi alle sette auto che seguivano. Tra queste anche la Golf condotta da Panajot, l’albanese di 26 anni che, poco meno di un’ora dopo, morirà ucciso da un proiettile che si è conficcato sotto l’ascella sinistra. Quando i poliziotti hanno ordinato ai ragazzi di scendere Panajot, che sapeva della presenza della droga, ha ingranato la marcia ed è riprtito.

A quel punto uno degli agenti che si trovava intorno all’auto è stato colpito ad un ginocchio ed è caduto a terra. Dalla sua Beretta è partito un colpo che si sarebbe conficcato — secondo la prima ricostruzione della dinamica — nello sportello anteriore sinistro. Il proiettile che al momento sembra essere quello che ha ucciso Panajot. Per questo l’agente è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo. Ma gli spari sarebbero stati molti di più. Almeno sei, secondo la stessa ammissione del procuratore capo Francesco Verusio, il quale ha anche lasciato intendere che l’esatta dinamica di quei minuti concitati deve ancora essere ricostruita con esattezza.
 

I due cugini, quindi, stavano tornando dal viaggio a Firenze dove avevano acquistato la sostanza stupefacente. O almeno dove Panajot, secondo il racconto del cugino, aveva acquistato la droga. Lui non ne sapeva niente, ha ripetuto più di una volta al pubblico ministero Maffeo e al giudice Montesarchio. «Se il mio cliente — ha sottolineato l’avvocato Martucci — è ritenuto credibile per la ricostruzione di quei minuti concitati, perché non lo deve essere quando assicura di non essere stato a conoscenza che nella valigetta c’era la marijuana?». Ma il pm Maffeo gli contesta di avere cercato di fuggire perché sapeva della droga. Il giovane ha invece sottolineato che quando si è girato e ha notato che Hola stava male, continuando a sentire gli spari ha avuto di paura di essere colpito.
QUINDI, verosimilmente, quando Panajot ha ingranato la marcia per scappare, gli agenti hanno cominciato a sparare. Alcuni colpi in aria — almeno tre secondo quanto riferito dal procuratore Verusio — uno invece è partito dalla pistola dell’agente che è caduto a terra, l’unico indagato. Ma ne sono stati sparati altri. E sarà fondamentale a questo punto la perizia balistica. Capire da quale arma e in quale direzione.
 

Cristina Rufini