Isola del Giglio, 5 aprile 2012 - La scatola nera della Costa Concordia smise di funzionare alle 23.36, ora locale. dal quel momento in poi infatti non ci sarebbero più file memorizzati né 'output' rintracciabili nel sistema informatico della nave: è quanto risulta ancora dall'esame in corso sulla scatola nera della Costa Concordia nell'ambito dell'incidente probatorio disposto dal gip.

Inoltre, secondo quanto si apprende, nelle operazioni di ieri a La Spezia, a causa di 'bad blocks', celle informatiche danneggiate, non sarebbe stato possibile decrittare la memoria della capsula Frm che contiene una memoria aggiuntiva di quattro Gigabyte rispetto a quella generale del Voyage data recorder (Vdr). I tecnici informatici della società tedesca titolare del software stanno tentando di superare questo blocco. Tuttavia, si apprende ancora, gli stessi dati dovrebbero essere stati registrati anche in backup dal sistema generale del Vdr, e quindi sono integri, e 'leggibili', con il resto delle registrazioni. Infine è emerso che le copie forensi delle memorie digitali e depositate presso il gip del tribunale di Grosseto, saranno rese disponibili ai consulenti dopo che i periti del gip avranno presentato una pre-relazione.

Ieri si è conclusa in tarda serata nello stabilimento Oto Melara di La Spezia l'operazione per avere le copie forensi, svolta con l'ausilio del Gruppo antifrodi telematiche (Gat) della Guardia di finanza, e per lo scarico e la decrittazione dei dati ('data collecting') con il supporto dei tecnici informatici della societa' tedesca titolare del software. I periti sono incaricaricati di esaminare le stringhe informatiche da cui devono emergere i dati sulla rotta, sulla navigazione, sui motori, sulle comunicazioni via radio e quelle interne alla nave, sull'allarme, sulla gestione degli apparati di sicurezza ed emergenza. La capienza totale della memoria digitale del Vdr è di 80 Gigabyte, ma l'utilizzo non è stato completamente saturato e solo una parte minore sarà quella di interesse per i periti rispetto ai quesiti che il gip di Grosseto Valeria Montesarchio ha posto.

 

DUE COMPAGNIE IN LIZZA PER LA RIMOZIONE - Intanto sarebbero due le compagnie rimaste in lizza per la rimozione dello scafo. E' quanto riporta la rivista specializzata 'Lloyd's List'. Ieri, c'è stato un vertice delle compagnie assicuratrici a Londra, che hanno promosso il piano della Titan Salvage, statunitense, e quello della Smit and Salvage, olandese. In entrambi i casi, è previsto che la nave sia rimossa intera, senza essere smontata. Si parla di alemo 11 mesi di tempo per terminare le operazioni.
La Smit è la società che ha provveduto a rimuovere il carburante dai serbatoi della Concordia. E in entrambi la soluzione sarebbe quella di svuotare la nave, contestualmente alla riparazione della falla da 70 metri, raddrizzarla e riportarla in galleggiamento per poi rimorchiarla via. La grande incognita sarà verificare l'entità dei danni del fianco sul quale poggia il relitto. Il preventivo si aggira sui 288 milioni di dollari, circa 220 milioni di euro.

 

LEGAMBIENTE: "DECRETO SALVAROTTE? FACILE BYPASSARLO" - "Il decreto Salvarotte? Così non funziona", denuncia Legambiente. "Le due miglia di distanza previste sono troppe. Basta un'ordinanza per derogare e stabilire nuove regole". Non è passato neppure un mese dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Rotte dei ministri dell'Ambiente, Corrado Clini, e dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e Trasporti, Corrado Passera, che obbliga le grandi navi da crociera a tenersi a due miglia dalle aree protette "e già a Portofino c'è qualcuno che vuol cambiare le regole per consentire attracchi e passaggi ravvicinati". Nei giorni scorsi, infatti, "si sono succedute una serie di riunioni fra enti locali e rappresentanti di categorie interessate che hanno trovato ascolto presso il Comandante del Compartimento marittimo della Liguria che avrebbe predisposto un'ordinanza per consentire l'ancoraggio delle grandi navi da crociera ad appena 500 metri dal confine dell'area marina protetta".


Insomma, "sembra proprio che la vicenda della Costa Concordia non abbia insegnato nulla. Il decreto Rotte- aggiunge Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente- rappresenta per noi solo una misura minima per la protezione delle nostre coste". Rimanere a due miglia dalle aree marine protette, infatti, "garantisce un
passo avanti per tutelare una parte del patrimonio naturale e di biodiversità delle coste- aggiunge Venneri- il limite dovrebbe essere esteso a tutte le isole minori e alle zone fragili anche al di fuori delle aree parco. Altrimenti si potrebbe correre il rischio di riversare sull'Eolie o su Capri (isole non protette) il traffico crocieristico bandito dalle aree protette".