Grosseto, 13 gennaio 2012-  L’AUTO arranca su una striscia di cemento agli «Spini Bianchi», sul promontorio dell’Argentario, e proprio quando si affaccia il dubbio di aver smarrito la strada, appare l’imponente cancello di ferro. Citofoniamo con insistenza e, in mancanza di risposta, telefoniamo al padrone di casa, l’imprenditore indagato nell’inchiesta per il G8 Francesco Maria De Vito Piscicelli. «Pronto, sono una giornalista, vorrei intervistarla, sono davanti al cancello e da qui non schiodo».

 

Dopo l’iniziale reticenza, Piscicelli accetta di essere intervistato e ci riceve a bordo piscina, irriconoscibile nel nuovo look stile lupo di mare: giaccone, berretto e occhiali scuri, ai piedi un paio di Adidas bianche.
 

Certo che ci vuole l’elicottero per venire fin quassù, come farà ora che le hanno sospeso la licenza di volo?
«Non mi è stato notificato alcun provvedimento dall’Enac, dunque posso continuare a guidare l’elicottero. Se dovessero sospendermi la licenza farò ricorso al Tar e presenterò un esposto per abuso d’ufficio, perché, lo ripeto, sono stato costretto ad atterrare alla Feniglia a causa delle forti raffiche di vento e non, com’è stato scritto, per andare a pranzo con mia madre».
 

Però non risulta che lei abbia avvertito la torre di controllo.
«Ci ho provato ma non prendevo la linea. Ormai sono diventato un bersaglio mobile, qualsiasi cosa faccia vengo condannato. Mi hanno tolto il porto d’armi e vogliono togliermi pure la licenza di volo. Sono disarmato ora che subisco intimidazioni da persone vicine a strutture di protezione statale. Ma non ho paura».
 

Come fa a sapere chi la minaccia?
«Non ho la certezza, ma i tre uomini armati, che mi hanno aspettato davanti a questa tenuta, non erano delinquenti e parlavano con uno spiccato accento romano. La mia collaborazione con i magistrati, per ricostruire il sistema gelatinoso degli appalti dei Grandi eventi, fa tremare molti potenti nella capitale, e non solo».
 

Ora che lei non ha più nulla da perdere vuole vendicarsi così della «cricca» di cui faceva parte?
«Sono stato trascinato nel sistema per poter lavorare, ma ne sono rimasto disgustato. Una delle poche persone perbene era Malinconico e mi dispiace davvero per l’accaduto. La vicenda del soggiorno era nota fin dal 2010 ma è esplosa solo ora perché ho iniziato a parlare con i giudici. E non ho ancora finito di rivelare i dettagli».