Grosseto, 4 gennaio 2012 - La vita a fumetti di Zelda Fitzgerald è in libreria. A portarcela è l’editore romano Minimum Fax. A disegnarla è la matita di Daniele Marotta. Trentanove anni, orbetellano, è l’autore, insieme a Tiziana Lo Porto che ha curato i testi, della graphic novel «Superzelda», in cui la vita di questa donna straordinaria è raccontata ripercorrendo il suo rapporto con il marito, lo scrittore Francis Scott Fitzgerald, sempre in bilico tra poesia, romanticismo, passione e autodistruzione.

Un po’ come per una rockstar moderna, ogni sentimento è vissuto fino all’estremo, a tempo di charleston e jazz sfrenato, e scandisce una toccante storia d’amore, ricostruita in parte attraverso le lettere che i due amanti si sono scritti per tutta la vita. Per Daniele Marotta è il grande passo che lo ha portato in libreria con una storia tutta sua. Nato a Orbetello, la matita l’ha presa in mano da bambino. E non l’ha più lasciata. Neppure sui banchi del liceo classico, neppure nelle aule della facoltà di filosofia a Siena, dove si è laureato con una tesi sulla letteratura fantasy diventata poi il saggio «Conan & Frodo» pubblicato da Simonelli.

La prima domanda è di rito: quando hai iniziato a disegnare? 
"Tutti i bambini disegnano, possiamo dire che io non ho mai smesso. Sono cresciuto con Goldrake, tutti i cartoni giapponesi e Disney, poi sono stato sempre un avido lettore di fumetti: Topolino, Asterix, i Peanuts e i supereroi da bambino e nell’adolescenza Dylan Dog, Frigidaire, e poi Pratt, Manara, nelle riviste culto come l’Eternauta, Corto Maltese, Comic Art. A tutto questo aggiungi un padre pittore che mi ha sempre incoraggiato con tutti i tipi di colori, libri e strumenti vari, agitate bene, ed ecco pronta la ricetta di quello sono oggi".
Che percorso hai fatto?
Mentre studiavo filosofia a Siena ho scoperto che a Firenze c’era la Scuola Internazionale di Comics e mi sono iscritto contemporaneamente all’università. La scuola è stata determinante per imparare le procedure, per ottenere contatti utili e stimolanti e anche per mettersi nell’attitudine giusta di fumettista in via di sviluppo. Dopo la laurea mi sono dedicato esclusivamente a fumetto e illustrazione e lentamente, lavorando sodo e girando col mio book, sono iniziati ad arrivare i primi risultati editoriali.  
Quando hai capito che sarebbe stata la tua professione?
Non l’ho ancora capito in realtà. A ogni passo importante credi che stai per accomodarti in un’identità certa ma poi ti accorgi che quella certezza non esiste. Questa professione è solo il frutto di lavoro costante. Forse lo capirò quando, guardandomi alle spalle, avrò realizzato una bella serie di opere. Da un altro lato ho sempre saputo che nella vita non avrei potuto fare che questo.
Ci sono autori che ti hanno segnato più di altri?
Come si vede dal mio lavoro, diventare professionista, per me, ha voluto dire maturare uno stile espressionista e marcatamente personale. Tutti gli artisti che vanno in questa direzione sono stati per me numi tutelari. Primo fra tutti Gianni «Gipi» Pacinotti, che col suo lavoro ha segnato in un modo o nell’altro una generazione di autori, è stato mio insegnante a Firenze e amico. Gipi come insegnante ha la capacità di cogliere il tuo stile e le tue intenzioni ancora acerbe e aiutarti a esprimerle. Come autore e amico mi ha trasmesso l’etica del lavoro duro e del tempo come ingrediente chiave del raccontare. Poi il mio debito di gratitudine va a tutti gli autori che mi ispirano con le loro opere. Particolarmente significativo è stato Igort e tutta l’impresa editoriale di Coconino Press, che nei primi anni duemila ha fatto risorgere un preciso clima culturale per il fumetto d’autore. Poi ci sono un sacco di autori che mi hanno segnato a vario livello e che consiglio a tutti di leggere tra cui: Mike Mignola, Moebius, David Mazzucchelli, Regis Loisel, Bastien Vives, Robert Crumb, Geoff Darrow, Hugo Pratt, Hayao Myazaki (anche come fumettista), Osamu Tezuka, Vittorio Giardino, Enrique Breccia, Jordi Bernet.
Come è nata la collaborazione con Tiziana e l’idea di scrivere recensioni a fumetti?
Con Tiziana Lo Porto (giornalista e traduttrice per Einaudi, ndr) siamo cugini, ci siamo ritrovati da grandi al momento giusto per far convergere i nostri percorsi in una serie di progetti comuni, il primo di questi sono state le recensioni disegnate per D.
E l’idea di raccontare la vita di Zelda?
La prima recensione disegnata che abbiamo fatto nel 2007 era su «Alabama Song» di Gilles Leroy, una biografia romanzata di Zelda Fitzgerald. Quello per Zelda è stato un colpo di fulmine favorito anche dall’amore per la letteratura di Scott Fitzgerald. Lo spiraglio che abbiamo aperto su Zelda si è squarciato sempre di più finché non è diventato un progetto di graphic novel, anzi graphic bio.
Più o meno nello stesso momento in cui è uscito il vostro libro è arrivato al cinema l’ultimo film di Woody Allen in cui uno scrittore di oggi compie un viaggio indietro nel tempo nella Parigi degli anni Venti e incontra proprio i protagonisti della vostra storia. Ci sono punti di vista comuni?
Questi tre anni di lavoro sono stati connotati da sincronie molto particolari e impreviste. Nel mondo è iniziata a montare una “Fitzgerald Mania” sia perché le sue opere sono diventate di pubblico dominio e fioriscono nuove edizioni dei romanzi di Scott, sia perché Hollywood sta per far uscire il film del «Grande Gatsby» di Baz Luhrmann con Leonardo Di Caprio nella parte che fu di Robert Redford nel 1974, scritto da Francis Ford Coppola. C’è anche una produzione che ricalca il nostro libro, ovvero la vita di Zelda e Scott che si dovrebbe chiamare «The Beautiful and The Damned» con Keira Knightley che fa Zelda, ma il film atteso per il 2010 risulta ancora in lavorazione. Il film di Woody Allen «Midnight in Paris» è stato l’ennesima piacevole sorpresa e ci sta portando fortuna. poi è fantastico ritrovare nella pellicola di Woody Allen alcuni dei luoghi che ho disegnato: Il Dingo American Bar di Hemingway, la casa di Gertude Stein o la libreria Shakespeare and Co. E poi Picasso, Man Ray. Siamo vicini al film anche nei toni frizzanti e sopra le righe.
Perché avete preferito proporre il vostro lavoro a un editore di narrativa piuttosto che a un editore di fumetti? 
Minimum Fax ha intercettato il nostro progetto quando era ancora in fase embrionale, si è appassionata alla cosa e ci ha scommesso sostenendo noi e l’idea. Hanno puntato su di noi dimostrando un bel coraggio e una capacità di rischiare non comuni. Superzelda è un’opera anfibia adatta a tutti i tipi di lettori, appassionati di fumetto o meno, pertanto non abbiamo mai fatto distinzioni tra tipologie di editore, ma volevamo qualcuno che desiderasse quanto noi che Zelda tornasse in circolazione più pimpante che mai.
Il fumetto in Italia di cosa ha bisogno?
Il fumetto in Italia non è abbastanza diffuso. Secondo me ci vorrebbe una dose minima pro capite di fumetti a persona assicurata per legge. Scherzo, ma sarebbe bello. Ci vogliono strategie editoriali che permettano di collegare i tanti bravi autori che abbiamo al pubblico che, come sempre, non aspetta altro che buone storie. Non so come, ma il fumetto dovrebbe tornare ad essere popolare e d’autore come è stato nei suoi anni migliori. Ci vogliono soldi e imprenditori editoriali per realizzare aperture serie verso il grande pubblico.
La terra promessa di ogni fumettista è la Francia, ci sono già stati contatti per la traduzione del vostro lavoro?
Si, siamo pronti a portare Zelda in Francia, ma anche in altri paesi e continenti. Intorno a questo libro sta montando un bell’entusiasmo sia da parte del pubblico sia degli addetti ai lavori. È la prima volta che la storia di Zelda viene raccontata in questo modo, in un fumetto che non toglie niente alle biografie più importanti, anzi le integra e allo stesso tempo è fiction.
Altri progetti?
Stiamo cercando altri pretendenti che ci facciano l’effetto che ha avuto Zelda. Per adesso posso dire solo che abbiamo in mente una cosa sempre storica e glamour, ambientata ancora negli Stati Uniti ma negli anni Sessanta.