Grosseto, 21 giugno 2011 - Mohamed Fathy non si muove. Il giovane marocchino che non ha più lasciato sua moglie Donya da quando ha perso il bimbo per un aborto all’ottavo mese, «vive» in pratica al quarto piano dell’ospedale Misericordia. Lui che non ha una casa, almeno nel momento più triste della sua vita, adesso può dormire con un tetto sopra la testa, magari anche in un letto. Ma non per molto.

Difficilmente, però, Fathy e sua moglie Donya torneranno, per riposare, nel duro sedile della loro Renault Twingo. «L’ho già detto e ripetuto a tutti. Se non mi daranno la possibilità di far dormire mia moglie in un letto quando verrà dimessa, allora vorrà dire che rimarremo in ospedale. Non me ne andrò. Sono pronto a chiamare anche i carabinieri.... Voglio vedere se hanno il coraggio di rispedirci ancora dentro una macchina». Una storia sempre più triste che sembra non avere fine: prima il lavoro che vola via, poi la casa, poi il quarto aborto della moglie che questa volta ha rischiato anche la vita. «Adesso sta meglio ma non riesco a stare sereno — prosegue il 31enne — anche perché non voglio nemmeno pensare a cosa succederà tra qualche giorno». La giornata di Fathy si è arricchita dell’ennesima puntata. Ancora più grottesca.

E’ PROPRIO Fathy che lo racconta: «Sono andato ancora in Comune — dice — a parlare con l’assistente sociale e mi ha assicurato che ora è stato deciso di darmi una mano. Ha detto che questa cosa deve essere risolta. In un modo o nell’altro». Una decisione, quindi, arrivata forse troppo tardi: «Mia moglie non può stare da sola. Per me è impossibile accettare di lasciarla in questo momento. Ha avuto un’operazione e ha bisogno che qualcuno si prenda cura di lei. E io come farei se non posso stare insieme a lei?». Una «forzatura», quindi, che sta per essere compiuta da chi fino a qualche giorno diceva che era «impossibile» trovare una sistemazione alla coppia egiziana: «Mi hanno detto che dovranno trovare una soluzione — prosegue Fathy —. Ma non era meglio pensarci prima? Era proprio necessario aspettare l’aborto di mia moglie?». Interrogativi che sono difficili da spiegare a chi sta ancora aspettando la salma di suo bimbo per sotterrarlo.

Ma Fathy non si accontenterà di una casa, magari per qualche mese. Ha deciso ad andare fino in fondo alla questione. Giovedì, infatti, si incontrerà con un avvocato grossetano che istruirà le pratiche per iniziare l’iter giudiziario. Una strada lunga e tortuosa che dovrà portare alla conclusione di una vicenda spinosa e difficile. «Andrò fino in fondo», ripete Fathy prima di rientrare in reparto. E non sarà quella casa, che probabilmente «salterà» fuori come per magia e che sta cercando da due mesi, a fargli cambiare idea.