Grosseto, 7 gennaio 2011 -  ''Spesso quando mi alzo dalla mia scrivania vedo ancora Raffaele in divisa davanti a me. E’ un ricordo indelebile''. E’ nelle parole del comandante Massimo Calgaro, dell’istituto di vigilanza Securpol, il dolore e l’emozione della giornata di ieri. Quando parenti e colleghi hanno ricordato la figura di Raffaele Baldanzi, 42 anni, di Ravi, frazione di Gavorrano. E’ lui l’agente che tre anni fa esatti, il 7 gennaio 2008, fu ucciso nell’assalto di una banda al furgone portavalori lungo la strada provinciale nei pressi di Schiantapetto, a Massa Marittima.

 

Nel punto in cui l’uomo fu ucciso a colpi di arma da fuoco i colleghi hanno sistemato, nei mesi successivi alla tragedia, un cippo che ricorda il dramma. Una lapide, un mazzo di fiori. Ogni anno si ripete il saluto a un uomo buono, morto mentre lavorava, che ha lasciato una moglie, Fiorella, e un figlio poco più che adolescente. In una intervista esclusiva a 'La Nazione', il 1 agosto 2008, la moglie di Baldanzi denunciò il disinteresse alla vicenda da parte delle istituzioni, dopo le passerelle di rito. Denuncia che ora si fa ancora più forte. ''Tante lettere, tante promesse, nessuno in realtà si è fatto più sentire'', dice la signora Fiorella, che torna con straordinaria forza d’animo sul luogo del dramma. Non chiede certo un sostegno economico, ma quel supporto morale e quelle facilitazioni burocratiche che in questi drammatici casi sarebbero decisive almeno per affrontare il dolore immenso con più coraggio.

 

''Questi ragazzi — indicando i colleghi del marito — portano una divisa con dignità. Una divisa che viene però completamente dimenticata dallo Stato. Svolgono un servizio importante per la collettività, ma vengono sistematicamente dimenticati''. Il nodo è sempre quello della sicurezza: ''Alcuni aspetti sono migliorati — dice il maresciallo della Securpol Pasquale Picone — ma quando il furgone è sulla strada e lo stai guidando la tensione c’è''. Già, il furgone sulla strada. Quella che percorreva Raffaele con il blindato quando una carica esplosiva sventrò il mezzo come una nocciolina. Poi gli spari e la guardia giurata che rimase colpita a terra. Sulla provinciale di Schiantapetto si incrociano il ricordo ma anche e l’incubo. ''Qui abbiamo voluto edificare il cippo per ricordare — dice il comandante Massimo Calgaro — Ma allo stesso tempo vorremmo dimenticare: ripercorrere questi metri anche per portare un fiore è una prova per noi durissima''.

 

Nessun furgone blindato ha mai più percorso quella strada dal 7 gennaio 2008. La cerimonia è stata officiata da don Anselmo, il parroco colombiano della parrocchia di Ravi. ''Dio chiama a sé quelli ai quali vuole più bene'', ripete il sacerdote nel salmo, mentre sopra il cielo si fa scuro come quel giorno. Quando la banda assalì il mezzo e uccise Raffaele. Nessun colpevole ancora: questo rende forse il dolore un po’ più grande. La famiglia, i colleghi, affrontano con dignità anche questa realtà. ''C’è voglia di sapere la verità'', dice Calgaro, facendo capire come tutti vorrebbero che le indagini si accelerassero. Per percorrere con un po’ meno di terrore quel nastro d’asfalto a Schiantapetto.