Costa Concordia, quelle reliquie custodite in chiesa: dal pane dei naufraghi ai giubbotti di salvataggio; "Non dimentichiamo"

FOTO: GLI OGGETTI Nella chiesa parrocchiale di Giglio Porto c'è una teca che raccoglie gli oggetti di quella tragica notte. Oggetti lasciati nell'edificio sacro che accolse le persone scampate al naufragio - DI CRISTINA RUFINI IL VENTO FORTE RALLENTA LA RIMOZIONE / E' INCERTEZZA SUI TEMPI DELLA RIMOZIONE: VIDEO / I PROTAGONISTI DI QUESTE GIORNATE: FOTO / LA CABINA DI SCHETTINO: FOTO / LE FOTO DEGLI INTERNI DEL RELITTO /LA DIRETTA TWITTER CON HASHTAG #concordia / PRIMA FASE DELLA RIMOZIONE AVVENUTA CON SUCCESSO / DIRETTA VIDEO / IL RIGALLEGGIAMENTO IN UN VIDEO / DENTRO LA CONCORDIA: ECCO IL RELITTO OGGI

La teca con le reliquie della Costa Concordia

La teca con le reliquie della Costa Concordia

Isola del Giglio (Grosseto), 18 luglio 2014 -  « Noi non potremo mai dimenticare » . Sarebbero sufficienti queste cinque parole che compongono una frase di senso più che compiuto a farci comprendere che cosa la Costa Concordia ha significato e significherà per i gigliesi. A immaginare quanto i volti sconvolti dei naufraghi, i pianti dei bambini e i lamenti dei feriti si siano conficcati in ogni poro della pelle di coloro che quella notte del 13 gennaio 2012 sono scesi al porto e senza sapere come e con che cosa hanno cominciato ad aiutare, rifocillare. Confortare. La frase è vergata in rosso alla fine della legenda che si trova nella piccola teca che conserva i frammenti del naufragio. Il passaggio delle centinaia e centinaia di uomini, donne e bambini nella chiesa di Giglio Porto. Custodite nella bacheca che don Lorenzo Pasquotti ha fatto realizzare all’interno della chiesa dove quella notte trovarono rifugio centinaia di naufraghi infreddoliti e impauriti .

Pezzi della notte della tragedia: tozzi di pane lasciati sul pavimento della chiesa raccolti in un cestino, uno degli ormai famosi salvagenti gialli, un casco bianco. Frammenti sacri della chiesetta che era a bordo del transatlantico: il Gesù bambino sistemato accanto al pane e davanti al piccolo crocifisso. Due piani di ricordi protetti dai vetri. Di scampoli di una tragedia che ha colpito gli isolani forse anche più di quanto loro stessi siano disposti ad ammettere. Probabilmente non c’era bisogno di raccoglierli e racchiuderli in una teca per ricordare, ma don Lorenzo, giustamente, ha voluto anche fisicamente mostrare quanto la vicenda Concordia è entrata a far parte del dna dell’isola.  « Il Giglio ha bisogno di riprendersi la sua isola — va dicendo da tempo don Lorenzo — non di tornare a prima del naufragio, è impossibile, ma di andare oltre a quello che successe quella notte e tutto il dopo» .

Niente può cancellare il naufragio e quanto ne è seguito. Quella teca come molto altro ne è un simbolo compiuto: c’è la disperazione dei naufraghi che hanno lasciato giubbotti e cime in quel posto che li ospitò senza batter ciglio , la generosità dei gigliesi che una notte di gennaio hanno portato pane, acqua e coperte per rifocillare, c’è una parte della roccia, sì anche quella, che ha squarciato la Concordia e l’ha fatta diventare una tomba. Tutto raccolto insieme. Per non dimenticare. Ma andare oltre. le attività previste c'è anche la ripulitura di una parte del fondale dai gusci delle cozze, non autoctone, arrivate con uno dei mezzi di supporto al cantiere e che, essendo mitili di mari freddi, sono poi morti e precipitati sul fondo. L'operazione è già stata autorizzata dall'Osservatorio a marzo.