Mercoledì 24 Aprile 2024

Trentenne si uccide in carcere

Il giovane, originario di Grosseto, stava scontando una pena nella struttura di Sollicciano, a Firenze

Carcere

Carcere

Grosseto, 24 novembre 2014 - SI È TOLTO la vita impiccandosi dietro le sbarre, e a scoprirlo è stato il suo compagno di cella. Nella notte tra sabato e domenica un trentaquatrenne, originario di Gavorrano (ma i suoi genitori abitano ancora a Grosseto), che era rinchiuso nel settimo braccio del carcere di Sollicciano, si è ucciso. L’uomo aveva appena concluso il percorso di disintossicazione con il metadone. Sabato sera prima della ritirata notturna, non aveva partecipato alle due ore di socializzazione previste dal regolamento carcerario di Sollicciano, e aveva preferito rimanere nella sua cella da solo. Poi, durante la notte, la tragica scoperta del compagno di cella, a cui lo legava una lunga amicizia, nata addirittura sui banchi di scuola.

"Il fatto, successo l’altra notte a Sollicciano, che segue di pochi giorni il suicidio di una donna di trent’anni che lascia tre figli, è la riprova che i tossicodipendenti non possono stare in carcere. Il progetto tra Regione e Provveditorato servirà a portare fuori cinquanta-sessanta di loro: seguiranno un percorso riabilitativo che prevede anche un avviamento professionale". A parlare così è Eros Cruccolini, garante dei detenuti, nominato dal sindaco di Firenze, Dario Nardella. «Quando un tossicodipendente muore in carcere è una sconfitta per tutti – prosegue nella sua analisi Cruccolini – . E’ inutile fare tanti giri di parole, i tossicodipendeti in carcere non ci devono stare. Per sperare in un loro recupero, questi soggetti debbono essere costantemente impegnati, sia intellettualmente che materialmente, e questo in carcere è possibile sono in minima parte. Rimanere inattivi li rende più facile preda dell’ansia e dell’incertezza per il futuro».

POI Cruccolini parla anche di quello che le istituzioni stanno già facendo per i tossicodipendenti dietro le sbarre. «Il Sert, grazie alla convenzione con il Provveditorato, sia dentro che fuori dal carcere, sta già facendo un buon lavoro – conclude il garante dei detenuti – Il lavoro è dignità, occorre che gli enti locali facciano più gare rivolte alle cooperative di tipo B, di cui possono far parte questi soggetti».