"Strangolò Irina e la buttò nel dirupo": chiesto il processo per Sergio Bertini

Il tecnico informatico accusato di avere assassinato la compagna

Sergio Bertini e Irina Meyntser

Sergio Bertini e Irina Meyntser

Grosseto, 26 settembre 2014 - IN UN RAPTUS di follia il 13 ottobre 2013 ha ucciso la sua compagna Irina Meyntser, giovane ucraina che viveva con lui, in via Ansedonia, da alcuni anni. E ora la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Sergio Bertini, tecnico informatico grossetano di 48 anni. Dopo averla uccisa — secondo i magistrati — realizzata l’enormità di quanto commesso, ha preso il corpo dell’amata, l’ha avvolto in una coperta, l’ha nascosto del bagagliaio dell’auto e l’ha buttato in un dirupo all’Argentario. Fatalità ha voluto che quel cadavere sia stato fermato nella discesa verso il vuoto da un albero e poi, in avanzato stato di decomposizione, sia stato trovato da alcuni cacciatori. Per caso. Era il 19 ottobre quando è stata fatta la macabra scoperta. QUALCHE giorno dopo, al termine di un lungo interrogatorio, Sergio Bertini, 48 anni, ha ceduto alla pressione e ha raccontato tutto. Molto già sapevano i carabinieri che stavano indagando dal momento in cui fu scoperto il cadavere. Soprattutto sulla messinscena di portare la valigia di Irina alla stazione ferroviaria di Roma per far credere che la donna fosse scomparsa da lì. Come dallo stesso Bertini raccontato nella denuncia di scomparsa. Dei cellulari di lei trovato da un uomo a Roma che risponde a una chiamata di Bertini — che avrebbe dovuto essere a Grosseto — e invece risulta agganciare la stessa cella di quello della Meyntser nella Capitale. ALLA FINE la confessione di Bertini, di quell’«abbraccio troppo stretto» a Irina che, pare, volesse mettere termine alla loro relazione. O comunque su cui aveva molti dubbi. Dopo la richiesta di rinvio a giudizio, tra alcuni giorni per Bertini sarà fissata la data dell’udienza preliminare, dove potrebbe anche chiudersi il procedimento, se l’imputato, assistito dall’avvocato Tommaso Galletti, chiederà di essere giudicato con rito alternativo.

c.r.