Talamone (Grosseto), 27 agosto 2009 - Sarà anche l’allenatore italiano che ha vinto di più al mondo, ma sui campi di calcio non si è mai visto uno spettacolo che valga questa notte d’estate adagiata fra le colline e il mare. Profumo di alloro e di salmastro, la luna fa una virgola rosa nel cielo circondata da un pugno di stelle, le rughe della baia leggermente increspata si confondono con quelle dei pescatori. Sbucando dietro la curva, lungo la strada che dall’Aurelia declina verso il promontorio di Talamone, la natura disegna un quadro da togliere il fiato.    

E Giovanni Trapattoni è proprio l’uomo che ti aspetti di incontrare in un posto così. Lui che per mestiere ha sempre cercato di nascondere la sua natura, ruvida in superficie eppure piena di sentimento proprio come questa terra. Ma adesso che ha svoltato la curva dei 70 anni e se ne sta rannicchiato nel suo angolo di paradiso, in mezzo alla sua gente, si lascia andare come una vela al vento.


La musica risuona in lontananza, una chitarra e quattro amici al bar del Cambusa, il circolo del paese. C’è il Geppone che suona e con la sua voce potente da tenore guida il coro. Lo seguono gli altri tre, i settantenni che hanno tagliato il traguardo nel 2009 e che hanno deciso di festeggiarlo insieme. Il dottor Giovanni Monti, storico ex medico del Milan e ortopedico di fama internazionale. Il professor Riccardo Paolini, ex primario di urologia all’ospedale di Grosseto in pensione da qualche mese. E poi lui, il Trap, che i 70 li porta con sé dallo scorso marzo ma continua a sembrare un ragazzino. Anche quando l’aria struggente di «Maremma amara» lo scuote dentro e un groppo gli sale alla gola. sussurra con la mano sul cuore e la voce tremante, asciugandosi le lacrime. Edoardo, il nipotino, quasi non ci crede e gli va sotto il naso per sincerarsi: ma è proprio vero, gli occhi del nonno sono rossi di pianto.


Cena fra intimi, 24 in tutto, compresa la signora Paola ovviamente che è arrivata sotto la rocca di Talamone con il marito giusto un secolo dopo Garibaldi. Racconta il Trap: "Era il giorno del nostro matrimonio, nel ’64, da Roma stavo andando verso Milano dove ci aspettavano l’aereo e poi il viaggio di nozze in Spagna. Mi chiama uno di qua e mi dice: si fermi da noi, Trapattoni, la prego, siamo tutti milanisti e vorremmo salutarla. E’ così gentile che mi convince. Arriviamo e ci accolgono con un mazzo di gladioli per mia moglie, il brindisi, ci portano in giro per il paese. A un certo punto mi volto verso Paola, è bastato uno sguardo: ho disdetto l’aereo, le vacanze in Costa Brava, siamo rimasti qua e da allora Talamone è diventata la mia seconda casa".


In realtà di case, adesso, Giovanni ne ha due. L’attico con giardino e terrazza con vista a 360° sul mare, dove cucina le grigliate e vede le partite insieme agli amici, e l’appartamento nel centro storico per il resto della famiglia. Più la barca con cui una volta andava a pescare, "ma poi ce l’hanno proibito sennò ci sequestravano tutto". Un gozzo in legno costruito all’Argentario da un vecchio maestro d’ascia, Giancarlo Cerulli, che si chiama 'Aleto': dai nomi dei due figli del Trap, Alessandra e Alberto. Gianfranco Natali, presidente del circolo, ha fatto le cose semplici ma in grande. Tovaglie di plastica e panche di legno sotto il pergolato, tre composizioni di fiori per i festeggiati e pesce a volontà: polpo con le patate, seppie coi funghi, moscardini in galera, acciughe marinate con cipolla, pici alle vongole, frittura mista, spiedini di frutta, gelato e vino rigorosamente maremmano.


"Perché avranno pure settant’anni però mangiano come ventenni», dice Franca, la cuoca, dopo due ore passate ai fornelli. E dire che sul calendario del circolo l’evento era stato segnato come “cena degli anziani”. Meno male che il Trap non se n’è accorto…