Garza ‘dimenticata’ nell’addome. La scoprono soltanto dopo 24 anni

Operato da bambino di appendicite affronta un calvario di interventi

Alberto Bozzi

Alberto Bozzi

Pisa, 22 maggio 2016 - Una garza dimenticata dai medici nell’addome, era il 1978, il coma, e una lunga serie di interventi chirurgici, fino al 2002 quando quel «corpo esterno» – fonte continua di dolori e disagi – viene alla luce. Poi, quattrordici anni di battaglia legale. Così è stata stravolta la vita di un bambino, e di una famiglia. Da un errore che il giudice ha finalmente riconosciuto, oggi che quel bambino ha 45 anni. Questa la storia di Alberto Bozzi, formazione da filosofo («ma ormai sono quasi un medico...»), ex consigliere comunale per i Comunisti Italiani a Pisa, ex coordinatore regionale di Sel e fino al marzo scorso dipendente precario all’Associazione Italiana del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa.

«RESPONSABILITÀ professionale sanitaria discendente da un comportamento negligente anche grave da parte dell’équipe chirurgica», è il passaggio chiave della sentenza appena emessa dal Tribunale di Pisa. Sentenza che accorda anche un risarcimento di 159mila euro, riconoscendo che «il mancato rinvenimento della garza integra una condotta altrettanto negligente».

TUTTO INIZIA nell’agosto del 1978, quando Bozzi aveva 7 anni: «Appendicectomia d’urgenza. Tornai a casa non in forma, ma con dolori tollerabili. Dopo 40 giorni nuova corsa in ospedale, una notte di esami, il coma. Altro intervento d’urgenza motivato dai medici con una occlusione intestinale. Perdo 50 centimetri di intestino». Il calvario non finisce lì: un altro intervento d’urgenza nell’82, sempre all’ospedale di Pisa, e ancora nel ’93 durante il servizio militare. Ma la garza non viene mai scoperta. Ultimo intervento nel 2002: «Le lastre rivelano un granuloma. Mi preoccupo ulteriormente, perdo 18 chili in 15 giorni. Mi sento nuovamente male. Poi arriva il referto dell’istopatologia. Due medici mi fanno sedere e mi mettono un foglio in mano. Leggo: corpo esterno di 4,8 centimetri nella fossa iliaca, al suo interno una compressa di garza».

E QUI INIZIA la seconda odissea, quella con la giustizia. Ci sono voluti 14 anni, una doppia perizia (prima a Firenze e poi a Napoli), rabbia e tenacia in dose massiccia per arrivare alla sentenza. «Assicuro che è occorsa tanta forza, perfino troppa pazienza e una pervicacia immensa per arrivare sin qui – commenta –. E adesso, dopo 14 anni di causa e a 38 dall’errore che mi ha cambiato l’esistenza, non posso che avvertire un profondo senso di sollievo: il mio dovere nei confronti di quel bambino che ero e che da allora non fu più lo stesso l’ho compiuto. Posso smettere di torturare i miei sonni e i miei giorni...».