Troppo telefonino stravolge la vita

La lettera

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

Firenze, 24 luglio 2014 - CARO DIRETTORE, basta con i maniaci del telefonino, che non lo spengono nemmeno in chiesa. Maleducazione radicata in noi italiani: non si può vivere senza tenersi sempre in contatto con familiari, amici e ufficio. Vorrei farmi promotore di una petizione per vietarne l’uso in locali, mezzi pubblici, ospedali, luoghi dove il silenzio, per qualche istante, sarebbe d’oro.

Giovanna Betti, Albinia

Risponde il direttore Marcello Mancini

ALLA MALEDUCAZIONE (indiscutibile), cara Giovanna, aggiungerei la presunzione che il mondo non possa fare a meno di noi in ogni momento. Abbiamo dimenticato che fino al 1990, quando il cellulare divenne un oggetto del desiderio - presto e abbondantemente appagato - vivevamo lo stesso e con meno stress. Ricorderà le vacanze estive e le code in attesa fuori dalle cabine telefoniche per chiamare casa: un po’ fastidiose, ma anche momenti condivisi, con amici e sconosciuti. E i sacchetti di gettoni telefonici, raccolti quando si faceva il militare, per poter raccontare a babbo e mamma la vita in caserma. Altri tempi. E altri valori. Compresa la socialità. Oggi perfino in ascensore non ci si guarda più negli occhi: preferiamo abbassare lo sguardo e osservare il cellulare. Che è diventato un rifugio, per difendersi (da chi?), rifiutare il dialogo con la comunità. Piccoli segnali privati, che però rischiano di trasformarsi in vizi planetari quando scopriremo che non siamo più capaci di parlarci e confrontarci. Se non con l’orecchio incollato a un telefono.

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