Fiorentina, il coraggio di Francesco: un tifoso speciale

Vive in Piemonte, non perde una partita nonostante la sedia a rotelle. Sousa gli ha fatto incontrare la squadra. La storia su Viola Week, il nostro settimanale in regalo il sabato con le edizioni di Firenze e Prato

Francesco Ravetta, tifoso della Fiorentina (foto Germogli)

Francesco Ravetta, tifoso della Fiorentina (foto Germogli)

Firenze, 6 settembre 2016 - Oltre seicento chilometri ogni volta. Perché la passione, quella viola, non conosce limiti. E perché, in quella bandiera col giglio rosso al centro, c’è anche la libertà. Francesco Ravetta, trent’anni a ottobre, ogni domenica (o lunedì, mercoledì o giovedì, a seconda del calendario) sale in macchina, da solo, e da Momperone, comune di Alessandria, raggiunge Firenze. Fin qui è come se avesse percorso tutta l’Italia oltre 35 volte.

"Prima dell’incidente che mi ha costretto su una sedia a rotelle era forse più complicato, tra lavoro e impegni vari, ma adesso sono diversi anni che non perdo una partita. Ho due sogni: vedere la Fiorentina vincere il terzo scudetto e festeggiarlo in Fiesole. In curva, con la carrozzina è quasi impossibile andarci: ma sto lavorando sodo e pian piano sto cominciando ad abbandonarla. Le lesioni midollari sono un nemico non da poco, ma là dove comanda la testa io dico che niente è impossibile".

Ha una risata contagiosa Francesco, accento del nord e passione viola.

A Firenze ha conosciuto quella che è diventata la sua "tribù": amici veri, "perché vivere lo stadio è anche questo, panino col lampredotto prima della gara e...un goccio di birra. Condivisione di tutto e stima reciproca".

Com’è nata la sua passione?

"C’è stato lo zampino di mio padre, che nel ‘56 andò per la prima volta allo stadio, a Firenze, per vedere la gara contro l’Alessandria. Fu amore immediato: mi disse subito di non... commettere il suo stesso errore, perché sarebbero state più le pene che le gioie, ma al cuore non si comanda. Quando cresci vedendo la mitraglia di Batistuta, le parate di Toldo e le magie di Rui Costa, però, non si può restare indifferenti. Mio zio sperava che tifassi Inter, tanto che ogni volta che gli... palesavo qualche simpatia nerazzurra mi regalava un gelato. Mia mamma sperava potessi affezionarmi al Milan, di certo erano tutti convinti che non dovevo lasciarmi conquistare dalla Juventus".

La scorsa stagione lei ha trascorso una giornata al centro sportivo, incontrando la squadra. Chi è stato, della società, a coinvolgerla?

"Paulo Sousa. Al termine di una partita, stavo aspettando i giocatori per qualche foto e il tecnico rimase sorpreso quando seppe la mia storia. E mi chiese di raccontarla alla squadra. Però, non lo farò mai più".

Perché?

"Perché poi abbiamo cominciato a perdere...".

Che cosa ha detto quel giorno alla squadra?

"Ho detto solo che bisogna lottare, sempre. Io lo faccio ogni giorno anche nelle situazioni più semplici e come me anche tutti coloro che sono nella mia stessa situazione. Che ogni volta che scendono in campo difendono l’onore della città".

La Fiorentina è stato uno stimolo per ricominciare?

"Sì, ho ritrovato l’indipendenza. Durante quel viaggio che mi porta verso il Franchi, così come quando sono davanti a quel rettangolo verde, mi sento libero".

Com’è la sua domenica tipo?

"Dipende dall’orario in cui giochiamo. Se il lunch game è scomodo per la partenza, perché monto in macchina alle 6 del mattino, la notturna non è più vantaggiosa. Anche perché ho i miei... riti pre-gara. E arrivo sempre almeno un paio d’ore prima".

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro