Firenze, 21 ottobre 2013 - CHI NON ERA allo stadio ieri non può sapere cosa si è perso. Perché non si può descrivere cosa si prova a passare dalla depressione più cupa alla gioia più sfrenata. Forse i sedici minuti più pazzi della storia del calcio viola. Niente può essere paragonato a cosa è accaduto dal 66’ all’80’ ieri al ‘Franchi’. Chi piangeva, chi si abbracciava e chi pensava già a celebrare un’emozione unica, perchè passare dallo 0-2 al 4-2 contro la Juventus potrebbe capitare solo una volta nella vita e deve rimanere bene impressa nella mente. Forse solo la vittoria dell’Italia ai Mondiali (con un altro Rossi protagonista, ma letale come Pepito), ma quelli del 1982, è stata festeggiata così, con caroselli per la città, canti e balli in mezzo alla strada, bandiere al vento e un’euforia collettiva contagiosa, senza età. Un anziano torna a casa con il fazzoletto viola al collo: «Guardi, io ho 75 anni, ne ho viste tante allo stadio. Ma questa è una gioia indimenticabile» dice con la voce rotta dall’emozione.

SOLO LA TEMPERATURA autunnale ha evitato che l’epilogo fosse un bagno generale nelle fontane delle città. Una festa iniziata al novantesimo la cui eco è arrivata fino alle prime luci di oggi. Sogna Firenze e non vuole proprio svegliarsi da quello che per 45’ si era tramutato in uno degli incubi peggiori. Neanche l’onta dello 0-5 era stata vissuta come lo 0-2 del primo tempo di ieri. Quella di Mihajlovic era tutta un’altra Fiorentina rispetto a quella scintillante di Montella. Proprio per questo i tifosi ci hanno sempre creduto nella rimonta, ma difficile credere che sognassero il sorpasso. Ecco perchè alla fine è esplosa una gioia irrefrenabile, con tutta Firenze che è stata travolta dall’entusiasmo che dal Campo di Marte ha raggiunto ogni angolo della città, amplificato dal sottofondo musicale dei clacson di auto e scooter.

MUSICA per le orecchie di chi ha la Viola nel cuore e un orgoglio smisurato per la propria squadra anche quando rinasceva nei campi di periferia come Gualdo Tadino. Figuriamoci ora che ha messo sotto la nemica di sempre, la Juventus del ‘poco’ amato Conte. Ecco perchè questo successo è dolce come il miele. Al Franchi si aspettava solo la fine per lasciarsi andare, con tante bandiere che hanno iniziato a sventolare dai balconi e sciarpe viola attaccate alle ringhiere o agli specchietti di qualunque veicolo. C’è chi ha vestito il cane con la maglia ufficiale. Firenze sognava una giornata così da tanto, troppo tempo, da quando Batistuta fece esplodere prima la sua mitraglia (quella originale) trasformata in una chitarra a tutto rock.

«MA QUELLA era una mitraglia che aveva tutt’altro stile», dice un vecchio ultras, mentre aspetta i giocatori viola che devono uscire dallo stadio. «Niente in confronto di quelle a presa in giro — prosegue — di Tevez o Pogba». Il popolo viola, infatti, subito dopo il fischio finale si è subito spostato fuori dallo stadio, radunandosi in due gruppi: uno di fronte alla tribuna d’onore, aspettando di poter abbracciare e festeggiare i fratelli Della Valle. L’altro sotto la Ferrovia, davanti al garage dove i giocatori lasciano l’auto. Il primo a uscire è stato il giovane Bakic, che, pur non essendo sceso in campo, a bordo della sua Smart è stato preso d’assalto dai tifosi, seguito a ruota da Roncaglia, uscito non senza difficoltà tra due ali di folla. Poi Mati Fernandez e poi tutti gli altri. Tutti si sono fermati, lasciandosi trasportare dall’euforia collettiva. Perchè Firenze da troppo tempo aspettava di battere... lei. E pazienza se qualcuno oggi a lavoro non avrà la voce. Ma ne è valsa la pena. «Chi non c’era non sa cosa si è perso...» ripete l’anziano tifoso, con gli occhi lucidi.