Belle Epoque sbanca il botteghino. Guanciale: "I giovani, che forza"

I "Carissimi padri" protagonisti al Teatro della Pergola

Lino Guanciale con parte del gruppo di lavoro

Lino Guanciale con parte del gruppo di lavoro

Firenze, 12 aprile 2017 - "No. Davvero. Non ci aspettavamo una risposta di questo tipo. Ci speravamo ma visto lo sforzo che abbiamo fatto per compiere il progetto non ci sembrava quasi possibile arrivarci, anche se, naturalmente, eravamo partiti con delle speranze. Ma certo non pensavamo che la risposta fosse cosi importante». Teatro sempre esaurito e pieno di ragazzi e studenti: non capita tutti i giorni da nessuna parte. E neppure nel santuario della prosa, la Pergola. Il motivo è uno spettacolo diverso da tutti partendo da un presupposto: è possibile raccontare oggi cosa, cent’anni fa, ha spinto il mondo alle soglie dell’annientamento, determinando lo scoppio della Prima Guerra Mondiale? È difficile, forse, ma con uno spettacolo ci si può provare a spiegare. Intrecciando affari, arte, filosofia, politica, passioni e religione.

Questo e molto altro è «Istruzioni per non morire in pace» spettacolo di Paolo Di Paolo e del Gruppo dei Carissimi Padri – fino a giovedì 13 in scena – che fa rivivere lo stralunato mondo della Belle Époque attraverso 100 camauri (sono particolari maschere in stoffa), 85 parrucche, 110 costumi, e solo 9 paia di scarpe. Protagonista e ideatore del progetto – che è una trilogia divisa in Patrimoni; Rivoluzioni e Teatro – assieme a Longhi è i un bravo inteprete come Lino Guanciale.

Posti in piedi alla Pergola, non accade quasi mai: lo sa Guanciale?

(Ride) «Quando ci hanno detto che la platea era piena, poi che il teatro era gremito in ogni ordine di palchi e loggione, è stato quasi magico. La risposta del pubblico è bellissima, inutile negarlo. La gente viene a teatro contenta e ci resta per l’intera trilogia che ha molto funzionato. Hanno capito che non c’è solo uno lo spettacolo, al di là delle difficolta e dei contenuti».

Spettacolo non esattamente facile.

«Perché se ne rappresentano tre, uniti da un fil rouge, cioè la storia di una famiglia di imprenditori e un loro sviluppo, ma autonomi e indipendenti. Con Longhi abbiamo cercato di fare leva sul masssimo di teatralità possibile, con tutto quello che si può vedere a teatro. C’è gente che canta e balla e momenti di tensione su una drammaturgia che cita i classici, i contemporanei fino ai futuristi».

Destini che si incrociano o si perdono: piace il racconto della società europea di primo Novecento?

«I riferimenti che si hanno davanti lavorano sulla forma frammento con la nuova drammaturgia accostata anche per induzione. Sì, piace. Quando siamo andati in scena pensavamo al grande caos di cose e situazioni che però sono risultate vincenti».

Guanciale, è difficile anche il nome del progetto: Carissimi Padri.

«Siamo felici che soprattutto gli studenti si siano affezionati a questo progetto il cui nome è l’incipit scritto da Kafka: ‘Carissimo padre’. Ci pareva opportuno per il tema del conflitto che lo spettacolo racconta e del conflitto che era tipico dell’epoca».

E i ragazzi?

«Quelli che vengono a vederci lavorano con noi, li abbiamo incontrati a scuola e abbiamo spiegato il nostro progetto coinvolgendoli. A volte ne sanno più di noi»

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