Firenze,5 marzo 2017 – Gran folla ed entusiasmo alle stelle all'Opera di Firenze per il Requiem di Verdi che, dopo molti anni, segnava il ritorno di Myung-Whun Chung sul podio dei complessi del Maggio. Un concerto che non ha mancato di rinnovare l'ammirazione per l'autorevolezza tecnica del direttore coreano capace di ottenere il massimo impegno da tutti e allo stesso tempo di mostrare la sua maturazione di interprete nello scavo profondo e sofferto impresso ad ogni dettaglio della partitura. Nella sua lettura l'ampiezza di respiro come la flessibile varietà di tempi e fraseggi tendevano a ricreare il Requiem in una dimensione di intimo raccoglimento spirituale più che a cogliervi le umane passioni di una sorta di sacra rappresentazione, senza però sacrificare l'impatto drammatico dei momenti più concitati, come nel tellurico Dies irae, con il concorso di un'orchestra particolarmente coesa e del coro istruito da Lorenzo Fratini davvero emozionante nella declamazione nitida e commossa del testo. Minori soddisfazioni sono venute dal quartetto dei solisti, modificato rispetto al previsto da due sostituzioni e insolitamente collocato dietro gli archi con qualche conseguente problema di proiezione del suono. Maria José Siri, pur stilisticamente apprezzabile, è sembrata non possedere la compattezza di centri e di gravi richiesta e le sue filature risultavano spesso calanti. Elena Zhidkova ha cantato con correttezza ma senza l'adeguata incisività di accento e Gregory Kunde sopperiva con la consueta classe ad una certa mancanza di smalto e volume così che a mostrare la maggiore padronanza delle note era il basso Gianluca Buratto dalla voce ampia ed eloquente ma ancora bisognosa di affinamento. Tutti però sono stati coinvolti nel grande successo della serata culminato nelle sacrosante ovazioni tributate a Chung anche dall'orchestra e dal coro.
Giuseppe Rossi
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