Firenze, 31 marzo 2014 - POLTRONE esaurite, applausi e occhi lucidi. Berlinguer superstar: chi ci avrebbe scommesso? E invece metti un sabato sera il docu-film su «Quando c’era Berlinguer» firmato Walter Veltroni e t’imbatti in un successo.

 

Vero: pubblico trasversale, giovani e meno giovani, coppie, gruppi di amici. Al cinema Astra2 il sold out per lo spettacolo delle 22,30 scocca con oltre un’ora di anticipo sull’inizio della proiezione. E prima delle 22 nel foyer, già pieno, si percepisce l’attesa dell’evento. Volti noti (una senatrice, un ex assessore...) e meno famosi, simpatizzanti e referenti del Pd locale, che sfruttano l’attesa scambiando opinioni con il fondatore del partito e neo-regista. Il primo a dichiararsi piacevolmente stupito oltre che grato dell’accoglienza riservata alla sua opera prima dal tema così poco nazional-popolare. Eppure è proprio così: la proprietà delle due sale cittadine dove è in programma conferma che il botteghino non piange. Anzi.
A Firenze che fu roccaforte rossa, dirà qualcuno, il successo dell’operazione amarcord Berlinguer è scontato. Eppure fa un certo effetto il silenzio assoluto, assorto — religioso, verrebbe da dire — che si mantiene per le due ore di un film lontano anni luce dal disimpegno. Uniche eccezioni: le risate quando sullo schermo passano i volti imbarazzati di tanti studenti che non sanno rispondere alla semplice domanda «chi era Berlinguer» e l’applauso davanti al frammento di un’antica tribuna elettorale in cui Berlinguer esalta il coraggio di chi fu antifascista.


Berlinguer tvb, certo. Ma anche effetto Veltroni. L’accoglienza non è da «politico in disarmo»: strette di mano, autografi, c’è chi si è portato dietro un libro da regalargli, baci e abbracci. Un «c’eravamo tanto amati» che parte da Enrico e finisce a Walter e, alla fine, — «senza nostalgia», come ha detto lo stesso Veltroni — induce a riflettere su come e quanto sia cambiata la Politica (comunque la si pensi).