di Titti Giuliani Foti


Firenze, 9 novembre 2012  - «LA DISCO MUSIC mai come oggi avvicina le generazioni. E’ proprio grazie a lei che oggi, tra un cinquantenne e un ventenne non c’è più quel gap generazionale che c’era tra noi, che andavamo in discoteca in anni come il 78-79, e quelli che solo dieci anni prima, negli anni ’60, ballavano con i Watussi. Ci divideva un abisso: grazie alla discomusic quell’abisso è letteralmente scomparso. Finchè non arriverà qualcosa, una nuova musica, tanto distante da creare quel divario degli anni ’60».

 

La perfetta analisi di Carlo Conti sarà anche questa motivo di discussione del convegno organizzato da Paolo Marcheschi e Gigio Petrucci, cioè i fondatori di «I love Disco» che sigla l’evento dal titolo «Generazione Travolta: gli indelebili anni ’70». Un convegno e poi la notte da ballo — of course — chiuderanno domani la settimana dedicata a un tema come gli Anni Settanta visti attraverso le mode da discoteca: per la prima volta al mondo in uno dei templi della cultura italiana, la biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Tra gli ospiti alla tavola rotonda anche Piero Chiambretti.
 

Conti, che dice della Generazione Travolta?
«Che è fuori dubbio quanto la moda e la musica gli Anni ’70 abbiano cambiato il nostro modo di vivere e lo stare insieme. Una musica che ci portava a frequentare le discoteche, a scambiarci dischi in vinile, a stare nei locali per aspettare i lenti».

La discoteca era?
«Di sicuro era il luogo dove si conquistavano le donne, ed era talmente vero che aspettavamo la fine della disco music, per arrivare a quei due o tre lenti che ti facevano concretizzare le amicizie che avevi fatto un momento prima. Diciamolo:  idealmente in discoteca ci si andava per conquistare».
 

Ma anche per ballo e moda?
«Come no? E’ proprio degli anni ’70 il ballo collettivo, uguale per uomo e donna. Era unisex come la moda dei pantaloni a zampa d’elefante. La Generazione Travolta si vede anche dai look vicini e dalla moda dei jeans, che andava bene per tutt’e due. Una valorizzazione, l’unione tra uomo e donna».
 

Cos’è stata La Febbre del Sabato Sera?
«Una svolta epocale. In quegli anni, in discoteca, dopo John Travolta, che nel film faceva il commesso di un negozio di ferramenta, tutti potevano ambire ad essere re per una notte. Senza distinzioni di classi sociali, senza sentirsi meno degli altri. Se sapevi ballare bene, al ritmo di Diana Ross o di Barry White o dei Bee Gees, allora potevi essere un re. Il concetto, pensaci, è clamoroso. E ancora nessuno è riuscito a rimpiazzare un pensiero così grande. Che ci ha aperto la mente al vivere insieme in modo spensierato anche ai nostri figli. Che non ci vedono lontani anni luce, come noi vedevamo i nostri genitori».
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