Firenze, 1 dicembre 2010 - "Guai a criminalizzarli gli studenti: nonostante forse facciano un po’ di confusione. Cerchiamo immediatamente un dialogo. Noi avevamo il ’68, sapevamo di far parte di un collettivo ampio e solidale per cui contestare. Adesso invece è passata la mentalità che va avanti chi non chi ha capacità, ma chi appare. Chi sa, se ne sta in un angolo, solo. A meditare su se stessi: sono d’accordo con don Gallo e don Ciotti. Le loro capacità devono venire fuori e abbiamo l’obbligo di aiutarli".

 

Sergio Staino e il suo modo quasi regale di intendere la vita, che fa di lui il portavoce di una nuova generazione di giovani. Quelli che la gente non vede. E’ bravo Staino, più di quanto sia già stato detto e scritto. Ieri è stato ospite d’onore all’auditorium de La Nazione. "I passaggi di vita della nostra generazione — gli risponde Giuseppe Mascambruno, direttore de La Nazione — erano legati alla festa de L’Unità, che diventava festa di paese. Pure io facevo il cameriere, come tutti del resto e ci sentivamo di far parte di un’unica entità con un solo fine. L’analisi di oggi è atto dovuto. Tenere insieme ciò che unisce in nome dell’obiettività, con un elemento chiave: la buona fede".

 

Un grande applauso seguito a un silenzio perfetto nella salone Attilio Monti, per bersi le parole di Sergio Staino, ’padre’, sì, di Bobo, ma anche sensibile intellettuale. "Il mio interesse per il giovane è studiato. Deve essere mediato, incarnato e capito dagli adulti. Sono d’accordo col direttore de ’La Nazione’. E ciò — scherza — mi preoccupa".

 

"Architetto, ma ho fatto lo sceneggiatore di film e diretto teatri — spiega Staino —. Alla fine però non mi interessa più di tanto. Guardo all’oggi, alla realtà». Ha inventato gli incontri del Teatro Puccini di Firenze, ’Nonni e nipoti”: giovedì ci sarà Romano Prodi con Andrea Satta di Tete de Bois. «Non mi hai chiamato perchè non sono nè nonno nè nipote?", scherza Paolo Hendel, ottimo attore e grande amico di Staino. "Ma l’interscambio — riconosce Hendel — è fondamentale".

 

Ricordi per Mario Monicelli: "L’ho sentito pochi giorni fa — ha detto Hendel — mai avrei immaginato una fine simile". "Tristezza è anche pensare alla freddezza del gesto", ha sottolineato Staino. Ma il vecchio conflitto generazionale? "Sta tornando. Nonostante la crescita zero, i giovani sono minoranza. Trovami un anziano professionista che non abbia un lavoro almeno di consulenza. Perchè non lascia spazio ai giovani?".

 

Le generazioni, invece di sussegursi si accavallano. "Genitori e figli si agitano nella stessa barca, alle prese con frustrazioni e disoccupazioni". Disillusioni e subcultura dominante: "Sono dalla parte dei figli. Che in questo caos hanno difficoltà a ribellarsi e non sanno bene cosa contestare. Ma hanno bisogno di sapere che non sono soli. E io ci sono".