Martedì 23 Aprile 2024

Report , dopo Moncler c'è la Gucci nel mirino. La denuncia di un artigiano fiorentino

L'inchiesta della trasmissione di Raitre sul distretto della pelle. "I cinesi lavorano sedici ore al giorno e 150 ore in più di quelle segnate". Ma la maison replica con la certificazione di responsabilità sociale varata cinque anni fa / LA REPLICA DI GUCCI

Milena Gabanelli (Ansa)

Milena Gabanelli (Ansa)

Firenze, 21 dicembre 2014 - Dopo le oche di Moncler ecco la borse di Gucci sotto la lente d'ingrandimento delle inchieste-denuncia di Report. Con Millena Gabanelli che alza il velo sui segreti di Scandicci grazie all'autodenuncia di un artigiano coraggioso che si chiama Aroldo Guidotti che a giugno scorso ha mandato una mail alla redazione del programma di Rai3.

"Non c'è bisogno di fare Sherlock Holmes - denuncia Guidotti che si è fatto intervistare nel suo laboratorio dalla giornalista Sabrina Giannini che ha curato l'inchiesta - per vedere che alle 11 di sera a Scandicci ci sono fabbriche e laboratori tutti illuminati dove lavorano i cinesi. Io stesso li ho assunti a 4 ore ma loro ne lavorano almeno 16 al giorno. E' questo il gioco che ci sta ammazzando. I cinesi lavorano 150 ore di più di quelle segnate". Perché il lusso cavalca la bestia gialla degli operai con gli occhi a mandorla, arma segreta delle multinazionali francesi che hanno fatto lo shopping di tanti nostri marchi storici.

"I cinesi assunti part time - continua Guidotti nella sua intervista a Report - mandano a casa gli operai e gli artigiani italiani grazie ad alcuni di loro che fanno da paravento e da prestanome". Nell'occhio del ciclone il marchio Gucci e il gran patron francese Francois Henry Pinault, presidente e ceo di Kering, abbondantemente citato dalla Gabanelli come uno degli uomini piu ricchi del mondo. La maison fiorentina fondata nel 1921 da Guccio Gucci non ha accettato di parlare col programma di Milena la tosta, preferendo fare le sue ragioni con una mail in cui - ha detto la Gabanelli - spiega i contenuti della certificazione sulla responsabilità sociale varata dalla maison gia 5 anni fa.

"Ma i cinesi lavorano dalle 9 di mattina alle 23 - continua l'artigiano - e le borse modello Bambù da 1800 euro le assemblano loro. Lavorano anche il sabato ma non viene segnato". Insomma una truffa e una farsa, alla faccia del Made in Italy tanto sbandierato come fatto di sostanza e di immagine. Milena ricorda anche la prima trasmissione su questi argomenti datata 2007 dove si denunciavano molti marchi del lusso presi in castagna. "Toscana da culla della pelletteria a zona franca" dice la giornalista che mostra immagini anche delle zone produttive del Monte Amiata dove vige la stessa regola produttiva della provincia di Firenze. "Gucci lo sa o no che nelle fabbriche lavorano i cinesi?" si chiede la conduttrice che mostra le immagini di alcuni caporali che confessano con i volti coperti di "non garantire niente" ai loro operai" e che nessuno mai chiede loro quante ore fanno al giorno.

Poi le telecamere tornano su Aroldo Guidotti che dice a un funzionario dell'ufficio del lavoro: "Secondo te come lavorano loro, i cinesi?" senza ottenere risposte. L'artigiano autodenunciandosi ai microfoni di Report ha denunziato un intero sistema, mostrando una borsa che al pubblico costa 870 euro che lui assembla per 24 euro. "Ci vorrebbero almeno dieci euro di più per questo tipo di lavoro specializzato ma non ce le danno". E parla anche un'operaia che spiega di come il comparto della pelletteria sia piegato ai voleri e ai poteri dei brand, e di come per gli italiani il lavoro scarseggi. "Tutto è nelle mani dei fornitori di primo livello che fanno affari d'oro, fanno fatturati da milioni di euro dando le borse da assemblare".

E Gabanelli spara le cifre: "Gucci col Made in Italy fa profitti per un miliardo di euro". Insomma una smitragliata alla Gucci da Report che innescherà un dibattito che si annuncia forte. E proprio a pochissimi giorni dall'allontamento del presidente e ceo Patrizio di Marco con il direttore creativo Frida Giannini, invitati a lasciare la maison dal vertice di Kering con una lettera di ringraziamento con ampie citazioni a firma dello stesso Pinault. Ora Frida e Patrizio si sposeranno e la gioia di questo passo cancellerà queste recenti amarezze professionali. Perché sono una coppia anche nella vita e forse potrebbero continuare ad esserlo anche sul lavoro: oggi gran tam tam sui loro nomi come probabili salvatori del marchio di Roberto Cavalli, che sta trattando la cessione della maggioranza assoluta al fondo Clessidra. Chissà, se son borse fioriranno!