E il Comune implora il 5 per mille: "Salveremo gli insegnanti di sostegno"

Niente soldi nemmeno per disabili e anziani, Reggello chiede aiuto ai cittadini

L'assessore Daniele Bruschetini (foto Germogli)

L'assessore Daniele Bruschetini (foto Germogli)

Firenze, 6 maggio 2015 - «Cittadini, dateci il 5 per mille per poter garantire gli insegnanti di sostegno agli studenti in difficoltà e l’assistenza domiciliare a chi ha bisogno». L’appello arriva dal Comune di Reggello, nel Valdarno fiorentino, ed è lanciato dall’assessore al sociale Daniele Bruschetini. «Senza l’aiuto dei contribuenti – aggiunge l’assessore – non ce la facciamo». Non è il primo caso di municipio che chiede aiuto perché non ha più soldi. A Borgo San Lorenzo, nel Mugello, vengono messi dei contenitori nei negozi per invitare i clienti a lasciare un’offerta per aiutare le famiglie più bisognose: il progetto vede in campo con le associazioni, la Caritas, la Misericordia, anche il Comune e la Società della salute. In entrambi i casi il principio ispiratore delle iniziative è la solidarietà.

Ma in ballo c’è molto di più che il cuore dei cittadini. C’è il modello di welfare che non regge più. A Firenze, per restare in tema, il Comune si vede costretto ad appaltare il servizio pomeridiano nelle scuole materne alle cooperative perché non ce la fa più a gestirlo da solo, con i propri dipendenti. «Ma non si tratta di privatizzare il servizio perché anche appaltandolo si eroga un servizio pubblico, per tutti, di qualità. Non resta escluso alcun bambino. Anzi, senza questa riorganizzazione centinaia di bambini sarebbero rimasti fuori» ha replicato più volte il vice sindaco di Firenze, Cristina Giachi, a chi l’accusa di smantellare il welfare. Ma la direzione sembra comunque tracciata, con il privato sociale che conquista un ruolo sempre più forte e lo Stato, il pubblico, che via via si ritira dai servizi.

Ne mantiene la guida, per garantire la qualità, ma sono altri a svolgerli al suo posto. I Comuni, strozzati, dai tagli dei trasferimenti statali, devono arrangiarsi. Non possono più aumentare le tasse, poiché sono ormai ai limiti massimi sopportabili. Ma hanno bisogno di soldi. Per la scuola, il sociale, i trasporti, la cultura, la sanità. In attesa che l’economia ricominci a correre – ammesso che ci riesca – generando ricchezza e quindi risorse da redistribuire, gli enti locali sono costretti a trovare strade alternative.

E’ il sistema del welfare con il quale siamo cresciuti che sta andando in pensione. Costruito nei decenni successivi al dopoguerra, incide per circa il 34 per cento sul prodotto interno lordo, con le sue componenti di previdenza, assistenza, ammortizzatori sociali, sanità, istruzione. Aveva già cominciato a scricchiolare alla fine degli anni Ottanta. L’aumento della popolazione anziana, del numero di non autosufficienti e di immigrati – che non arrivano con le tasche piene di soldi ma chiedendo aiuto – ne acuisce oggi la crisi. Quel modello non regge più, dicono gli economisti. Ne va trovato un altro, che non poggi su un solo pilastro (lo Stato) ma coinvolga i privati. Nel frattempo i Comuni sono costretti ad arrangiarsi.

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