Preghiera e fede, armi dell’esorcista. A Firenze il diavolo si combatte così

Incontro con don Cristian Meriggi, sacerdote in lotta col demonio

Don Cristian Meriggi

Don Cristian Meriggi

Firenze, 18 settembre 2014 - ANCHE SE non è sempre colpa del Diavolo il disagio e la sofferenza ci sono eccome. E anche a Firenze, denunciano i vescovi toscani presieduti dall’arcivescovo Giuseppe Betori nella loro nuova nota su “Esorcismi e preghiere di guarigione’’, nella quale dettano le disposizioni normative per aiutare i fedeli «con proposte e mezzi approvati dalla Chiesa», il fenomeno è in aumento causa il perdurare della crisi che ha reso le “periferie esistenziali” quartieri molto popolosi.  Al di là del documento, illustrato nelle pagine nazionali, emerge con forza un altro aspetto negativo dell’attuale momento storico.  «In primo luogo, quando la gente si rivolge a me sta male - spiega don Cristian Meriggi, 44 anni, parroco di San Frediano in Cestello ed esorcista diocesano - Soffre a livello affettivo, nelle relazioni e nei legami familiari, a livello economico. Ma questo non significa che siano tutti posseduti». Prima d’iniziare il cammino di preghiera e i riti di esorcismo, chi teme di essere schiavo di Satana deve contattare tramite il proprio parroco i sacerdoti incaricati di valutare i singoli casi e capire se ci sia bisogno davvero dell’esorcista o se possa bastare lo psichiatra. Solo in un secondo momento, sono autorizzati a presentarsi da don Meriggi e dagli altri sacerdoti autorizzati per iniziare un percorso di guarigione spirituale. A Firenze oggi tale cammino riguarda una quindicina di persone. «In ogni caso, anche quando non si pratica l’esorcismo - spiega il sacerdote - il primo atto è l’ascolto e l’accoglienza. Emerge soprattutto un disagio esistenziale, spesso all’interno della famiglia. Si riprende un dialogo, un percorso di fede e preghiera e si valuta quale possa essere l’accompagnamento migliore, magari con l’aiuto di uno dei consultori attivi nella diocesi». - Come si riconosce invece un indemoniato? «Il rituale evidenzia quattro tipologie di presenza del maligno in rapporto alla vita spirituale del soggetto: l’ossessione, la vessazione, l’infestazione e la possessione, che è la più grave. I segni a volte sono inconfondibili e in altre situazioni si possono verificare casi “misti’’, seguiti sia dallo psicoterapeuta che dall’esorcista. Il Demonio è abile a insinuarsi nelle nostre debolezze e sa approfittarne. E’ un cammino lungo, pieno di difficoltà». - Quali sono le caratteristiche inconfondibili dei casi di possessione? «L’Io che mostra la persona posseduta è di solito molto più intelligente del soggetto che tiene sotto di sè. Capisce o parla lingue mai conosciute prima come l’aramaico o il greco antico. Mostra di avere una forza muscolare molto superiore alle capacità fisiche del soggetto. Un altro sintomo è l’avversione al sacro. Se io tengo nascosta in mano o addosso una reliquia mentre parlo con la persona, non soltanto si accorge della sua presenza, ma spesso sa indicare a quale Santo appartenga. Non sempre, però. Ci sono anche Diavoli - sorride - che non sono poi così intelligenti». - Chi vince alla fine? «La Divina Misericordia, che dobbiamo invocare sempre e alla quale dobbiamo affidarci. Il Demonio è potente, ma può agire solo sul Creato. E’ creatura a sua volta. Solo Dio è onnipotente». Duccio Moschella

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