Firenze, 24 novembre 2013 - NON SARANNO elezioni come le altre. Quando nella primavera prossima Firenze sarà chiamata a scegliere il nuovo (?) sindaco, non sarà solo per un mandato amministrativo. Sei anni ininterrotti di crisi internazionale, un mare in tempesta in cui la nostra città ha navigato con molti successi e qualche naufragio, ci pongono di fronte a scelte importanti. Quella del primo cittadino, certo. Senza un numero uno, senza la locomotiva, il convoglio di una città non va da nessuna parte. Ma servono i binari. Una direzione, una stazione d’arrivo. Quale città, insomma? Per andare dove? Per fare cosa? Certo, amministrare una comunità significa fare quotidianamente mille scelte concrete. Ma noi de La Nazione crediamo che occorra anche e soprattutto un progetto alto, forte. Una vocazione. Una mission. Forse a Firenze qualcuno può pensare di non aver bisogno di un progetto, di una prospettiva. E sbaglia. Nulla è più acquisito, scontato. Lo sa bene Andrea Ceccherini, che da Firenze ha portato in Italia e oltre il suo progetto di educazione alla cittadinanza. Che ha portato a Firenze grandi personaggi della politica e della editoria. E con lui , con i suoi incoraggiamenti, le intuizioni, cominciamo un dibattitto che coinvolgerà eccellenze della società civile. Per capire quali sono i binari della città. E dove può essere la stazione d’arrivo.

G.C.

Sei mesi per scegliere il futuro di Firenze, Ceccherini, dal suo particolare osservatorio, su quali temi la Firenze di oggi dovrebbe lavorare di più?
«Mi piace l’idea di ridefinirne il brand, ma un brand si cerca solo dopo aver individuato una mission. Vorrei contribuire ad aprire un grande dibattito proprio su questo: quale ruolo Firenze si candida a giocare in Italia e nel mondo».

Una mission da cambiare all’alba del terzo millennio?
«Sì, perchè questa città ha bisogno di ritrovare la sua anima. Occorre investire sulla sua vocazione naturale, per marcare un’identità chiara, che la distingua, e la renda unica e inimitabile nel mondo: una calamita in grado di attrarre senza sosta e senza uguali»

Siamo pur sempre la città del Rinascimento ...
«Un’identità non è mai segnata da una caratteristica sola, è la somma di tante sfaccettature, che la rendono irripetibile: è questo che dobbiamo cercare, tutti insieme».

Come?
«Dobbiamo far tesoro dell’ispirazione generosa e appassionata dei fiorentini. Si facciano avanti, non abbiano paura di sognare ad occhi aperti e di contribuire al dibattito, fuori dagli schemi e fuori dai partiti. E’ la loro città, e tocca a loro riprendersela, ripartendo dalle loro idee geniali e originali».

Cosa rimprovera ai fiorentini?
«Vorrei solo dir loro: abbiate più coraggio, sappiate giocare, anche in questo dibattito, più in attacco e meno in difesa. Osate, esprimetevi, fate sentire alta e forte la vostra voce».

Si rivolge ai giovani?
«Da loro mi aspetto più voglia di combattere di quanta non ne abbiano sino ad oggi mostrata, più carattere. Non devono arrendersi all’idea che un lavoro decente per loro sia precluso, che non avranno mai una pensione normale. Devono invece dimostrare chi sono, battendosi con più forza e meno timori. Devono mantenere quella carica rivoluzionaria e quella sana irriverenza che possono essere la spinta per aprire la porta al cambiamento possibile. Devono combattere, combattere, e ancora combattere, per dimostrare che le loro ragiono sono più forti di quelle degli altri. Devono farle valere, facendosi valere. Anche a partire da questo dibattito».

Giovani o no, siamo una città di bastian contrari di professione ...
«Invece ci serve un dibattito franco, dominato dal concetto, che forse da soli si può anche andar più veloci, ma solo insieme si va più lontano. E noi fiorentini dobbiamo saper andare lontano. Insieme».

Ammetterà che in un tempo di crisi è più difficile.
«Dobbiamo ricordarci che al tempo della globalizzazione distinguersi è l’unica strada per identificarsi, è la sola via per rendersi riconosciuti e riconoscibili. E’ la via che non ti fa perdere, è la strada che ti porta a vincere. Ed è una strada che noi dobbiamo segnare e percorrere. Insieme, tutti insieme, senza quelle distinzioni di parte, che hanno segnato l’ieri, ma non devono condizionare il domani».

Le piace alzare l’asticella...
«Questa città non deve accontentarsi dei risultati che già vanta, perché al meglio non c’è mai fine, e l’insoddisfazione è la prima regola per chi vuole continuare a crescere e a spingersi oltre».

E le nostre eccellenze?
«L’eccellenza è solo un punto di partenza, mai un punto di arrivo. Alimentare una costante insoddisfazione è il motore che deve spingere e ispirare tutte le nostre imprese. Se non sbaglio era stato proprio Steve Jobs, l’inimitabile e intramontabile campione di Apple, a ricordarci l’importanza di restare sempre affamati e insoddisfatti per continuare ad affermarsi e a vincere».

Però lei crede nella ricerca di un obiettivo chiaro?
«Certo. Ci vuole un piano strategico per Firenze. Nessuna organizzazione oggi vivrebbe senza averne uno. Perchè una città come la nostra non dovrebbe impegnarsi a stendere il suo ?»

Non teme il rischio di inciampare in lacci ideologici?
«Guardi, l’ideologia è figlia di un altro tempo, e non appartiene alla mia cultura. Io, per scegliere, giudico le persone. Come dicono in America “people make the difference. Always”. Sono le persone a fare la differenza. E io scelgo quelle».

E ai partiti cosa dice?
«Che siano meno lenti e più rock, che pensino più ai problemi di tutti e meno alle loro faide interne».

Si sta ridiscutendo anche il ruolo del sindacato.
«Ai sindacati mi faccia dire che devono abbandonare il concetto delle garanzie, ed aprirsi a quello delle opportunità. Se continueranno a chiudersi a questo concetto, le aziende continueranno a chiudere. E al peggio non ci sarà fine».

Un ruolo importante lo giocano le istituzioni locali, chi amministra e governa.
«Alle istituzioni locali vorrei ricordare che veloce è meglio di lento. E la lentezza è un lusso che la crisi non permette a nessuno di concedersi. Che si scuotano, che si sveglino, che assumano un altro passo.

Renzi già corre ...
«Matteo Renzi è un mio amico, e agli amici parlo in privato, non in pubblico».

 

di Paola Fichera