Firenze, 3 giugno 2012 - ALLA FINE il «patto di stupidità» ha lasciato il segno. Ieri sera l’assessore al bilancio, alla casa e al patrimonio si è platealmente dimesso dalla giunta di Matteo Renzi. Il motivo: «insanabili divergenze sulla sicurezza dei conti». Con l’ accusa più grave: «Chi è chiamato a governare Firenze è a servizio della città» e Firenze non può essere «servizio e strumento utile al perseguimento di ambizioni personali».
Uno scontro duro, iniziato un mese fa, con una preoccupata lettera dell’assessore, Renzi, preso dal suo tourbillon quotidiano non se ne è voluto curare troppo e gli ha risposto con un sms, Fantoni allora ha iniziato lo ‘sciopero’ delle giunte, ma nemmeno le sue assenze in sala degli Otto hanno scosso il sindaco. Ieri le dimissioni che, almeno per il primo cittadino, non sono giunte «a ciel sereno».
 

 

Però le accuse lanciate bruciano: «I conti del comune sono in ordine — ha subito precisato Renzi — e nessun allarmismo è giustificato dalle cifre». Ma non ha potuto negare una «divergenza sulle conseguenze di una possibile violazione del patto di stabilità». «Sono disponibile a pagare anche in termini personali, con la riduzione della mia indennità — ha ribadito — pur di assicurare alle aziende il giusto riconoscimento per ciò che hanno fatto. Ma certo non interrompiamo i lavori in corso in omaggio ad un principio ragionieristico e contabile che cozza con la realtà e la congiuntura del Paese». In altre parole mentre Fantoni si preoccupava di far quadrare i conti nonostante i tagli imposti dal governo centrale e, di conseguenza dalla Regione, Renzi ha continuato a progettare e programmare nuovi investimenti, nuovi mutui da contrarre. Nuove opere da annunciare alla città. Lo scontro con il ‘rigore’ di un amministratore che avrebbe invece preferito una pausa di riflessione e qualche annuncio in meno pur di essere certo di non sforare quel patto mettendo inevitabilmente a rischio i conti futuri di Palazzo Vecchio è stato inevitabile.
 

 

Fantoni non è certo nato politicamente fra i renziani. Alle primarie aveva sostenuto Daniela Lastri, decisamente più spostata a sinistra in questo Pd dai mille sapori, ma da quando il sindaco lo ha scelto per la giunta affidandogli via via un ruolo sempre più importante, ha sempre lavorato nel pieno rispetto della sua fiducia. Mai una parola in più, solo qualche alzata di soppracciglio, seguita da cauta precisazione, in occasione di qualche conferenza stampa condita dai toni troppo ottimisti di Renzi.
 

Ha incassato senza fare una piega persino l’abbassamento di un punto percentuale dell’Irpef comunale che lo ha costretto a far quadrare il bilancio con circa 6 milioni di euro in meno. E ha retto la squadra dei supertecnici delle risorse finanziarie che, invece, insistevano per mettere in sicurezza il bilancio rinunciando a una mossa mediaticamente forte, ma rischiosa viste le altalene sui calcoli per l’Imu del governo Monti.
 

Nonostante i quasi diktat del sindaco non ha consentito a presentare il bilancio preventivo 2012 al consiglio comunale fino a quando le disposizioni nazionali non fossero state, almeno per la maggior parte, decifrabili. Ieri, estenuato, ha ceduto. Meglio la quasi certa cassa integrazione del Maggio Musicale Fiorentino. Per il sindaco, che aveva sperato di avere mezza giornata di pace in famiglia, è iniziata la ricerca del nuovo assessore: Marco Carrai, l’uomo delle banche, dei finanziatori e presidente di Fipark? Un tecnico di fiducia assoluta come Giovani Palumbo (già direttore dell’ufficio del sindaco) ora supertecnico del patrimonio? Oppure un nome di spicco del panorama industriale, magari Antonella Mansi l’ex presidente di Confidustria regionale. Certo l’inserimento a metà mandato e su temi così ‘caldi’ non è operazione facile. Ma Renzi potrebbe anche accarezzare l’idea di un giovane imprenditore di talento come Leandro Consumi, l’inventore dei Gormiti. E un colpo a sorpresa potrebbe essere l’entrata in scena del supermanager di Magnolia, Giorgio Gori. Lunedì, in consiglio, la soluzione del rebus. Ma c’è già chi gli ha sentito dire: «Sarà una giunta più forte».

di PAOLA FICHERA