All'enologo Giacomo Tachis il Pegaso d'Oro

Il creatore del Sassicaja non ha potuto ricevere la targa personalmente per motivi di salute

L'enologo Giacomo Tachis (foto d'archivio)

L'enologo Giacomo Tachis (foto d'archivio)

Firenze, 24 novembre 2014 - IL PRINCIPE degli enologi. Il pioniere della rivoluzione, anzi del Rinascimento del vino toscano. Il creatore del Sassicaja. Ma non un tecnico, arido e chimico: al contrario, un umanista colto e raffinato sempre a suo agio tra le zolle e i filari come tra i libri. Uno che ricordava Archestrato di Gela come inventore della gastronomia e Michele Savonarola, medico e nonno di Fra’ Girolamo, come assertore del valore nutritivo dell’olio di oliva: quei testi non solo li aveva letti, ma li ha conservati nella sua biblioteca. Pochi come Giacomo Tachis hanno davvero meritato il Pegaso d’Oro che la Regione Toscana gli ha attribuito in mezzo a tanti amici e a tanto mondo del vino, oggi in Palazzo Strozzi Sacrati, in una cerimonia perfino commossa: lui, ottantuno anni compiuti da venti giorni, non c’era, il suo stato di salute non glielo ha permesso, l’assessore all’agricoltura Gianni Salvadori ha consegnato la medaglia e la targa alla figlia Ilaria, e ai due splendidi nipotini di sette e cinque anni. Gli salteranno in grembo, e magari faranno sfavillare ancora “gli occhi chiari, lo sguardo tagliente e il sorriso appena accennato, tipici delle persone che hanno sempre da scoprire”, le parole di un grande amico, il professor Zeffiro Ciuffoletti.

UN INNO al vino toscano, questo Pegaso a uno che toscano non era, per essere nato a Poirino e aver studiato ad Alba, ma toscano è diventato per scelta, per amore e per vocazione. Complice anche il “matrimonio” di una vita intera con le cantine e i campi della maison Antinori, “nozze” celebrate fin dai primi anni Sessanta “quando, su consiglio del professor Garoglio, andammo a cercarlo – ricorda Piero Antinori - dove lavorava, in un’azienda ‘tuttofare’ di Castelfranco Emilia: e di sicuro, a lui che aveva il talento per i vini di alta qualità, quella vita da apprendista stregone era già venuta a noia”. Un uomo, Tachis, che tutto il mondo del vino ha invidiato alla Toscana (come poi alla Sicilia e alla Sardegna) e alle “sue” aziende, “anche se a giro per il mondo mi chiedevano: certo, voi avete un grande enologo, ma come mai avete pensato a un greco?”, racconta ancora Piero Antinori scherzando sull’equivoco di quel cognome. Un piemontese “né falso né cortese in maniera affettata – dice Antinori – ma sempre schietto e diretto, cortese ma anche burbero”. Già, uno che non le ha mai risparmiate a nessuno, nemmeno ai suoi colleghi enologi: “Tirano fuori dalle tasche le formule chimiche, ma non è quello che fa il vino”, ha scritto Tachis nel suo “Sapere di vino”, edito da Mondadori nel 2010. Una sorta di testamento insieme tecnico e spirituale, denso di quella che resterà sempre la grande “anima del vino”.