Turisti a Firenze, musei e narghilè. Guerra di culture nei locali del centro

Nuova grana per il sindaco che ha posto un freno a negozi etnici e minimarket

Turisti fumano narghilè in centro (foto Giuseppe Cabras/new Pressphoto)

Turisti fumano narghilè in centro (foto Giuseppe Cabras/new Pressphoto)

Firenze, 23 giugno 2016 - Narghilè nei bar sotto Palazzo Vecchio, proprio all’ombra della Torre di Arnolfo. Illegale? Assolutamente no. Fumare la shisha, tabacco aromatizzato alla frutta nelle pipe ad acqua dal sapore orientale, è un passatempo legato a tradizioni culturali diverse, ma non è fuorilegge. Non bastavano i kebab dilaganti (spesso gestiti in fondi commerciali di pochi metri quadrati), né le spesso invasive insegne e luminarie dei numerosi ristoranti cinesi.

E poco importa che per il centro storico fiorentino, lo stesso che l’Unesco riconosce come patrimonio mondiale dell’umanità, esista addirittura un «Piano di gestione» che ha "l’obiettivo di mantenere l’Eccezionale Valore Universale del sito Patrimonio Mondiale"; nel piano ci sono precise "azioni per la città" per "l’innalzamento della consapevolezza tra i cittadini e i visitatori dell’appartenenza di Firenze alla Lista del Patrimonio Mondiale".

Nel comitato che si occupa di tutto questo ci sono il ministero per i Beni Culturali, la Regione, il Polo Museale della Toscana, Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio, fino alla direzione Cultura turismo e sport del Comune di Palazzo Vecchio.

Che c'entra tutto questo con i narghilè in piazza Signoria e dintorni? Ufficialmente niente. Locali e ristoranti etnici ci sono in tutte le capitali del mondo. Però, regolamenti commerciali esistenti o meno, le spirali di fumo all’orientale sotto Palazzo Vecchio secondo molti ‘stonano’. A Firenze si dovrebbero respirare piuttosto l’aria, i colori, il fascino del Rinascimento. Almeno nelle piazze (uniche al mondo) del centro storico.

Se il sindaco Dario Nardella si è da tempo impegnato affinché le bancarelle adeguino le loro merci ai prodotti dell’artigianato locale, se i ristoranti devono inserire nei loro menù una consistente percentuale di prodotti toscani (Palazzo Vecchio sta combattendo una battaglia senza esclusione di colpi per impedire l’apertura di un McDonald’s in piazza Duomo), perché la regola non dovrebbe valere per i bar (non espressamente tipici) dello stesso centro storico? Sui social i commenti imperversano, insieme agli immancabili selfie. Il decreto legge appena firmato dal ministro per i Beni culturali Franceschini (ora all’esame del Parlamento) non offrirà certo al sindaco Nardella strumenti contro quelle coloratissime pipe ad acqua. Del resto per molti, nell’era della globalizzazione, l’idea che, prima di tutto, la città dovrebbe offrire a ospiti e turisti il meglio della sua tradizione, è passatista. Per non dire retrograda. A Firenze per certi versi anacronistica visto che le culture internazionali sono, da sempre, una ricchezza, nella città crocevia del commercio per eccellenza, resa unica proprio da commercianti e banchieri come i Medici. Impossibile ottenere anche solo semplici pareri dai responsabili Unesco: troppo facile scivolare dalla cultura della tutela al protezionismo spinto. E allora? Per ora vincono i narghilè. Piacciono ai turisti, sono fonte di curiosità per i fiorentini. E per caffè e cappuccino c’è sempre il bar accanto.

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