Sabato 20 Aprile 2024

La vita di Maria Cristina Ogier a 40 anni dalla morte

E' uscita la biografia scritta da Duccio Moschella

Duccio Moschella

Duccio Moschella

Firenze, 11 dicembre 2014 - E' appena uscita in libreria una biografia dedicata a Maria Cristina Ogier (1955-1974) nella ricorrenza dei quarant’anni dalla morte e dei sessanta dalla nascita. E' un lavoro scrupoloso che segna una tappa importante sulla riscoperta di questa giovane donna per la quale la Diocesi di Firenze ha aperto il processo di beatificazione. La biografia è stata scritta dal giornalista della Nazione  Duccio Moschella ed è aperta da una prefazione di padre Bernardo Francesco Gianni, osb, priore di San Miniato al Monte.

Il volume WMaria Cristina Ogier - Il più felice dei miei giorni" (Sef) sarà presentato da padre Bernardo Maria Gianni venerdì 12 dicembre, alle 16, all'abbazia di San Miniato al Monte, con la partecipazione di Francesca Campana Comparini e dell'autore.

Moschella, nella sua introduzione, tratteggia in modo efficace una sintesi della vita della Ogier: "I santi sono quelle persone nelle quali il Signore si può specchiare. La misura della nostra santità, al di là delle singole storie, è data da come sappiamo accettare la sua volontà. Maria Cristina è stata in questo un esempio. Malata di tumore da quando aveva quattro anni, affidandosi in toto all’infinitamente Altro, è riuscita a realizzare imprese gigantesche per i poveri e i sofferenti prima di arrendersi all’incontro definitivo.

Ora, quarant’anni dopo la morte e a sessanta dalla nascita, questo volume ne ripercorre i passi, proprio quando si è aperta la fase diocesana del processo di beatificazione: un cammino biografico, arricchito da testimonianze inedite sulle guarigioni prodigiose avvenute per intercessione della ragazza che viveva 'sognando il Paradiso' e per la preghiera di tanti”. Fin da bambina dama dell’Unitalsi, pronta a battersi in difesa della vita nascente e per le missioni, “è stata una ragazza che ha lasciato il segno in quanti l’hanno conosciuta e nelle opere da lei iniziate e che ancora oggi continuano. Un esempio, soprattutto per i giovani, di come i cammini di santità non siano missioni impossibili".

Nelle pagine di Moschella tornano i due sogni della giovanissima Maria Cristina. Nel secondo, fatto dopo la diagnosi di un chirurgo svedese, Gesù appare a Maria Cristina e le chiede: "Vuoi riprendere la mia corona di spine, i chiodi, la croce per collaborare con me alla salvezza del mondo?". Questa collaborazione Maria Cristina Ogier ha fatto crescere nel suo vissuto, frequentando i gruppi di Padre Pio guidati da Mons. Giancarlo Setti, diventando terziaria francescana, quindi operando nell'Unitalsi, infine allestendo, con l'aiuto dei portuali di Livorno, un battello fluviale attrezzato a piccolo ospedale che inviò nel Rio delle Amazzoni e che porta il suo nome. Semplice e determinata, anche quando affronta argomenti scomodi che tuttora creano inquietudini, come l'aborto. Lo fa quando il tema non è ancora emerso con la sua carica divisiva. Ne parla col padre, Enrico, primario di ostetricia e ginecologia all’ospedale di Careggi. Nascono incontri e confronti che sono all'origine del primo Centro italiano di 'Aiuto alla vita'.

La biografia edita da Sef non è un film che comincia dalla fine. Semmai, ripercorrendo la storia di Maria Cristina, incontriamo le difficoltà che incontra una testimonianza evangelica, anche tra persone che si amano. Scrive nel 1973: “La società mi allontana; anche i miei genitori, in certo modo, mi proibiscono di fare questo e quello, tutto si rifiuta a me che ho accettato la tua volontà. Coloro che mi stanno vicino mi sopportano; che grande umiliazione, l’esser sopportata, l’essere amata, a volte, contro voglia”.

Nel lavoro di Moschella, che riporta anche il 'Diario intimo', veniamo a contatto in modo più robusto con la figura di Maria Cristina e veniamo a conoscere le testimonianze di guarigione e di segni che sono all'origine del processo di beatificazione.  Ne riportiamo, tra le altre, quella della cugina Franca Controni, nata a Castelfranco di Sotto, in provincia di Pisa, alla fine del 1943, abita ora a Terracina, in Lazio. “Durante il periodo pasquale andai a Roma per trascorrere alcuni giorni in compagnia dei miei parenti . Vennero anche gli zii. Raccontai loro come mi sentivo in comunione con lo spirito di Maria Cristina e come attraverso le preghiere rivolte a lei mi fossi riconciliata con i miei suoceri dopo anni d’incomprensioni. Prima di ripartire mia zia mi dette una fotografia di Maria Cristina. Salii in macchina e rimasi durante il viaggio con l’immagine stretta fra le mani. Era notte e la strada era buia, pioveva intensamente. Pensavo a Maria Cristina, invocavo il suo aiuto. All’improvviso sentii l’impulso di andare nei sedili posteriori, dove stava dormendo la mia bambina. Feci fermare la macchina, scesi e risalii dietro. Riprendemmo il viaggio, ma non ero tranquilla; guardavo la strada, vedevo la pioggia. D’un tratto un uomo attraversò correndo, volgendo le spalle alla vettura. Mio marito frenò bruscamente, ma lo urtò. Lo sconosciuto rotolò sopra il cofano, picchiò violentemente contro il parabrezza e ricadde. Per fortuna mio marito riuscì a evitare di travolgerlo. Uscimmo spaventati a prestare aiuto a quella persona, che era ferita, ma grazie a Dio era viva. Ciò che mi sconvolse fu vedere la mia macchina. Tutto il cofano era ammaccato, il vetro non c’era più e migliaia di suoi frammenti erano sul mio sedile, solo sul mio. Sotto quel manto di vetri vidi la foto di Maria Cristina che era rimasta là dopo che mi ero spostata sul sedile posteriore e scoppiai a piangere ininterrottamente. In quel momento mi convinsi che ella mi aveva salvato la vita”.