Moda e arte, un secolo di Emilio Pucci

Dagli inizi al successo, ritratto dello stilista che sfidò i francesi

Pucci insieme ad una modella con la vista del Duomo alle spalle

Pucci insieme ad una modella con la vista del Duomo alle spalle

Firenze, 21 novembre 2014 - QUANDO lo andavo a trovare, negli ultimi anni di vita, dolorosi per la malattia che lo aveva colpito, trovavo Emilio Pucci con gli occhi che gli brillavano di emozione perchè dalla sua camera in Palazzo Pucci, in via de’ Pucci, all’ultimo piano, guardava sempre la cupola del Brunelleschi. E questa gioia di massima bellezza, insieme all’affetto immenso della sua famiglia, della moglie Cristina e dei figli Laudomia ed Alessandro, credo che gli abbia sempre riempito quelle giornate lunghe in cui avrà chissà quante volte ripensato alla vita trascorsa nel mondo, nella sua Firenze, coi suoi amici internazionali e colti, alle corse in bicicletta nel circuito magnifico dei palazzi storici fiorentini intorno al Duomo fino in Palazzo Vecchio dove per tanti anni aveva battagliato politicamente conservando sempre la sua innata eleganza ma anche una fermezza di idee che oggi potrebbe essere d’sempio a molti. E poi tutte le sfilate e i successi immensi per aver inventato uno stile unico e magnifico, dove fantasia e senso del colore erano immensi, le foto con le donne più belle del mondo e la forza di non essersi mai arreso davanti ad alcun compromesso che gli facesse perdere di vista, per puro guadagno, i suoi ideali di creatore eccelso e geniale. Tanti pensieri per una vita di sogno, magnifica, importante, piena di amore per uno sport allora davvero elitario come lo sci, ricca di conoscenze d’arte e di storia, bersagliata dalle insidie della guerra che lo ha visto eroe pluridecorato al valor militare e perseguitato dalla Gestapo per non aver mai voluto rivelare nulla sue diari di Ciano e soprattutto sul luogo dove si nascondeva Edda Ciano.   

GALANTUOMO sempre, immagine stessa della sua Firenze, città amatissima che gli piaceva raccontare ai grandi della Terra. Il Marchese Emilio Pucci di Barsento se oggi fosse ancora vivo avrebbe 100 anni. Perchè era nato il 20 novembre 1914 ma a Napoli, per esigenze familiari, proprio lui che era erede della famiglia Pucci che è nelle cronache della città fin dalla metà del 1200. E qui era subito tornato giovanissimo e soprattutto aveva colto al volo l’idea di Giovan Battista Giorgini di lanciare al sfida alla moda di Parigi partecipando già alla prima sfilata della moda italiana, nel febbraio 1951, lui giovanissimo e ancora poco conosciuto ma già portentoso creativo, uomo d’intuito eccezionale, bon vivant intelligente, ideatore di quei vestiti in jersey che tanto piacevano alle dive come Marilyn Monroe che fu infatti sepolta con un suo abito. 

QUASI impossibile raccontare la sua grandezza, ammirato e copiatissimo, ieri come oggi. Chissà cosa direbbe il Marchese Emilio Pucci vedendo la sua Firenze oggi. Certo penso che sarebbe fiero, lui liberale nell’animo, di un sindaco fiorentino come Matteo Renzi diventato Premier. Contento della pedonalizzazione di piazza Duomo e del ricordo alla sua arte che il Centro Moda per l’anniversario dei sessant’anni dalla sua fondazione gli ha dedicato a giugno scorso con il Battistero “vestito” con la sua stampa dedicata appunto al celebre monumento. Un regalo alla città e a lui medesimo, fatto dalla figlia Laudomia che ha raccolto la sua eredità e oggi, dopo la vendita del marchio ai francesi del gruppo Lvmh, porta avanti la storia di famiglia e dell’azienda. Legatissimo alla moglie Cristina, sposata dopo averla conosciuta a Capri e unica musa del suo stile, dal 29 novembre 1992 data della sua morte riposa nel silenzio e nella quiete della tenuta di campagna a Granaiolo, accando all’adorato figlio Alessandro che lo ha raggiunto in Cielo prematuramente nel 1998. Sarebbe contento il Marchese anche del rilancio dell’Antico Setificio Fiorentino che lui stesso aveva salvato dall’oblio, e oggi nelle mani competenti di un altro stilista di fama come Stefano Ricci. Le sue mirabili fantasie, i colori di Emilio Pucci che si chiamano col suo nome e cognome, e la gloria indiscussa di Maestro del Made in Italy gli fanno certo compagnia, insieme alle grida del Calcio Storico che lo ha visto indimenticabile e fiero Magnifico Messere. Ci manchi tanto caro Emilio, Firenze ti saluta e rimpiange la tua classe, la tua grandezza e la tua onestà.

Eva Desiderio

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