Un po’ di verità che non fa male

Le lettere della domenica. Risponde Marcello Mancini, editorialista

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

Firenze, 29 novembre 2015 - Caro Mancini mi pare che il ministro del lavoro Poletti abbia perso la testa: prima afferma che è meglio laurearsi presto e male piuttosto che tardi seppure con un voto alto; poi anche che i lavoratori non dovrebbero badare all’orario di lavoro ma all’efficienza della prestazione.

Gianna Lari, Sarzana

Capisco che certe affermazioni possano creare scompiglio nel benpensantismo di sinistra. Siccome non rispettano il politicamente e sindacalmente corretto, provocano reazioni scandalizzate. Però temo che non siano lontane dal vero. Le barricate sociali hanno permesso la conquista di sacrosanti diritti, che altrimenti non avrebbero consentito il riscatto della dignità del lavoro; alla lunga sono tuttavia diventate un freno allo sviluppo e all’innovazione. Sono ridotte a permalose ideologie corporative che simboleggiano battaglie spesso superate. Molti altri Paesi dell’Europa che ci fanno concorrenza sul mercato, si sono liberati di norme obsolete che da noi il tempo ha trasformato in totem ingombranti.

Il ministro Poletti ha detto cose che molti pensano, ha osservato la realtà e ha usato un linguaggio diretto che è come carta vetrata sulla pelle del nostro sensibile pianeta sindacale. Sarebbe più conveniente riflettere sui temi che ha sollevato, non solo sul modo in cui lo ha fatto. E’ vero o no che nel mondo del lavoro esistono dipendenti più impegnati a guardare l’orologio che a svolgere bene il loro compito? Il tentativo di cambiare passo all’Italia, è legato alla possibilità di creare la stessa consapevolezza nei doveri e non solo nei diritti dei lavoratori. Semplicemente par condicio: né sfruttamento né abuso. Che non significa tornare indietro su quanto è stato acquisito. Credo che dovremmo smetterla di aprire processi tutte le volte che un rappresentante dell’istituzione si libera finalmente dell’ipocrisia e pronuncia parole che molti non vorrebbero ascoltare. A che serve nascondersi dietro il politicamente corretto? Un Paese è libero se ha la forza di confrontarsi anche con le proprie contraddizioni. Rispetto ai “bamboccioni” evocati nel 2007 dall’allora ministro Padoa Schioppa, abbiamo già fatto qualche progresso. Soprattutto grazie all’orgoglio dei nostri giovani. Dirsi la verità è un comportamento molto più maturo che mistificarla. Ed è anche molto più comodo.

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