Le città del tremila

L'editoriale

PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

Firenze, 29 maggio 2016 - Mentre il presidente del consiglio inaugura a Venezia la Biennale di architettura, vera eccellenza italiana nel panorama mondiale, e annuncia ben 500 milioni di euro per la riqualificazione urbana delle periferie, Firenze si lecca le ferite di una settimana in cui è stata protagonista di una figuraccia planetaria. Che, inutile negarlo e al netto del balletto delle responsabilità ancora tutte da chiarire, indubbiamente c’è stata. E colpisce questa concomitanza tra una grande città italiana, Firenze, che sprofonda nel fango e un’altra, Venezia, che si interroga sul futuro degli spazi in cui saremo chiamati a vivere, conciliando temi di grandissima attualità come il riciclo nella progettazione urbana dei materiali di scarto e l’incrocio obbligato con la suprema sfida della società moderna, l’immigrazione. 

Mentre cioé il mondo si confronta sulle risposte che le città devono dare al futuro ormai diventato presente, dall’altra ci sono città che falliscono la gestione dell’esistente - ripetiamo, al netto della querelle Nardella-Publiacqua e delle reali colpe di ognuno - mettendo per questo a repentaglio la sicurezza e la vita stessa dei cittadini.

La lezione che viene quindi da quanto accaduto a Firenze e dalla lectio magistralis mondiale che rimbomba da Venezia è che occorre raccogliere la provocazione della modernità senza però dimenticarsi della pesante eredità che ci arriva da un passato che ha reso le nostre città bellissime, importantissime ma fragili e bisognose di cura e menutenzione. Non sempre, diciamolo, è accaduto così.

La magistratura ci dirà se a Firenze ha mancato Publiacqua o l’amministrazione, se si sia risparmiato troppo nella pulizia dei canali di scolo (ammesso che c’entrino qualcosa) oppure negli interventi per riammodernare o riparare una rete idrica risorgimentale, certo è che più di qualcosa è andato storto. Il balletto di accuse che è seguito al crollo di Lungarno Torrigiani è comprensibile fino a un certo punto, ma già da domani è il caso che tutti si mettano pancia a terra per recuperare il tempo perduto.

Le nostre città devono pensare al futuro, pensare in grande, disegnare periferie all’altezza del ventunesimo secolo che non replichino gli orrori e gli errori del passato (e Firenze ne sa qualcosa, da un aeroporto costruito dove non c’era spazio alla mancanza di uno stadio da calcio moderno) e non possono «perdere tempo» in polemiche sulle tubature rotte. Quelle lasciamole ai trombai.

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro