Assolti per stupro, in tanti alla manifestazione alla Fortezza

In piazza Bambine e Bambini di Beslan, moltissime donne, di tutte le età, ma anche molti uomini. Tutti solidali con la ragazza che nel 2008 ha denunciato di essere stata stuprata

Manifestazione alla Fortezza da Basso

Manifestazione alla Fortezza da Basso

Firenze, 28 luglio 2015  -   Ritrovarsi tutte insieme nel luogo dove tutto, sette anni fa è iniziato. Per dire No al modo in cui, in un’aula di tribunale, la vicenda del cosiddetto ‘stupro della Fortezza’ si è conclusa. Era questo il cuore della manifestazione promossa dall’associazione ‘Unite in Rete’, che stasera  ha radunato proprio davanti al luogo della violenza, in piazza Bambine e Bambini di Beslan, tantissime donne, di tutte le età, ma anche tanti uomini.

L’appello è stato raccolto al volo anche da varie organizzazioni e associazioni del territorio, tra cui Artemisia e il Coordinamento donne della Cgil Toscana, che si sono dette subito «indignate dalle motivazioni della sentenza che hanno umiliato la vittima senza spiegarci di chi sarebbe la responsabilità di quanto avvenuto». Presenti al corteo anche le parlamentari di Sel, Marisa Nicchi e Alessia Petraglia. «Crediamo che il processo sia stato fatto solo alla ragazza e alla sua vita - spiegano le organizzatrici – e siamo soddisfatti nel vedere questa sera il nostro appello raccolto anche da tanti uomini. Che insieme a noi considerano inaccettabile che ai nostri giorni le donne finiscono ancora per essere giudicate per come si vestono o per il proprio orientamento sessuale».

Non accenna dunque a placarsi il caso del processo per lo stupro alla Fortezza conclusosi con l’assoluzione in appello dei sei giovani accusati. Che ha visto schierarsi a fianco della ragazza anche il web con l’hashtag #nessunascusa e la frase ‘La violenza non fa di te un uomo’. All’indomani della sentenza, la ragazza che aveva denunciato di essere stata violentata da sei ragazzi che avevano tra i 20 e i 25 anni in un'auto parcheggiata nel piazzale davanti alla Fortezza, ha scritto una lettera sul web, dove attraverso un blog ha urlato tutto il suo dolore. Convinta che i magistrati abbiano giudicato il suo stile di vita invece dei fatti accaduti realmente quello la notte del 26 luglio del 2008. "Mi è stato detto, è stato scritto, che ho una condotta sregolata, una vita non lineare, una sessualità ‘confusa‘, che sono un soggetto provocatorio, esibizionista, eccessivo, borderline", scrisse la ragazza.

"Se insomma sei una donna non conforme, non puoi essere creduta. Ho ancora attacchi di panico e lotto giornalmente contro la depressione e non riesco a vivere più nella mia città, ossessionata dai brutti ricordi. Mi è stato detto che ho una condotta sregolata, una vita non lineare, una sessualità “confusa”, che sono un soggetto provocatorio, esibizionista, eccessivo, borderline. Perché sono bisessuale dichiarata, femminista e attivista lgbt. Se per essere creduta e credibile come vittima di uno stupro non bastano referti medici, psichiatrici, mille testimonianze, prove del dna, ma conta solo il numero di persone con cui sei andata a letto prima che succedesse, o che tipo di biancheria porti, se usi i tacchi, se hai mai baciato una ragazza, se non sei un tipo casa e chiesa, non puoi essere creduta. Ciò che più fa tristezza è che nessuno ha vinto. Non hanno vinto loro, gli stupratori, la loro arroganza. Abbiamo perso tutti. Ha perso la civiltà, la solidarietà umana quando una donna deve avere paura e non fidarsi degli amici, quando si giudica la credibilità di una donna in base al tacco che indossa, quando dei giovani uomini si sentiranno in diritto di ingannare e stuprare una giovane donna perché è bisessuale e tanto “ci sta”. Quello che vince invece, giorno per giorno è la voglia di non farmi intimidire, di non perdere la fiducia in me stessa». Se potessi tornare indietro — conclude Giulia — sapendone le conseguenze non so se sarei comunque andata a denunciare. Ma forse sì, comunque, per ripetere al mondo che la violenza non è mai giustificabile, indipendentemente da quale sia il tuo lavoro, che indumenti porti, quale sia il tuo orientamento sessuale. Che se anche la giustizia con me non funziona prima o poi funzionerà, cambierà, dio santo, certo che cambierà».

La ragazza, giorni dopo il fatto, denunciò lo stupro di gruppo, e la procura, dopo gli accertamenti medici e le indagini, arrestò tutti i ragazzi, che rimasero un mese in carcere e circa due mesi ai domiciliari. Il processo, nel quale il comune di Firenze si costituì parte civile, terminò nel gennaio 2013 per i sei accusati con condanne a 4 anni e 6 mesi di reclusione per violenza sessuale di gruppo, aggravata dal fatto che la vittima era ubriaca. La ragazza in origine accusò anche un settimo ragazzo giovane, che però venne scagionato sia dalle telecamere che dai tabulati telefonici ed assolto anche in primo grado. In appello la sentenza è stata ribaltata, i sei imputati tutti assolti con formula piena perché “il fatto non sussiste”, e la Procura generale di Firenze ha deciso di non impugnare la sentenza, che è così diventata definitiva. Le polemiche sono esplose quando nei giorni scorsi la corte d’appello ha depositato le motivazioni, che parlano di una vicenda “incresciosa” e “non encomiabile per nessuno” ma “penalmente non perseguibile”.

Le stesse indagini furono particolarmente complesse per l’accusa: la polizia scientifica ribaltò la macchina ma non trovò la minima traccia né degli accusati né dell’accusatrice. La stessa ragazza confermò che i giovani la riaccompagnarono alla bicicletta, con cui tornò a casa, senza problemi. E le testimonianze, che sono state plurime ma tutte univoche nel certificare l’altissimo tasso alcolico della ragazza. D’altra parte ci sono le testimonianza dei giovani, che in questi anni sono stati additati come ‘autori’ dello stupro ricevendo ripercussioni di ogni tipo nella vita di tutti i giorni. Leonardo Victorion oggi ha 32 anni, vive a Cerreto Guidi e fa il musicista: “Il tema della violenza delle donne è importantissimo, ma lo è altrettanto quello di una persona scagionata dopo sette anni, due mesi di carcere in isolamento a Sollicciano, la gogna mediatica e ripercussioni di ogni tipo. Solo per essere stati accusati ingiustamente”. Maurizio Costanzo

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