Cara Lojodice, strepitosa Signora Warren

La recensione: Spettacolo da vedere, nonostante Sepe non ci sia

Una foto di scena

Una foto di scena

Firenze, 30 gennaio 2015 - Una Giuliana Lojodice strepitosa è in scena in questi giorni (fino a domenica 1 febbraio) al Teatro della Pergola con un testo bello e attuale di George Bernard Shaw, scritto nel 1893 e inserito nella raccolta ‘Commedie sgradevoli’: “La professione della signora Warren“, un’opera dall’efficacia pungente contro l’ipocrisia e i compromessi della società, tanto scandalosa da essere allestita in un club di Londra solo nel 1902 e ottenere la prima messinscena oltre trent’anni dopo la sua stesura, nel 1925. Detto questo, due parole per inquadrarla, quel che si vede in scena è un po' una promessa mancata. Motivo fondamentale secondo me è che l’adattamento e la regia di Giancarlo Sepe per la prima volta non si notano quasi: abituati come siamo ad assistere a rappresentazioni scoppiettanti, ritmate, veloci che mai strizzano l’occhio all’essere di maniera. In scena gli attori Pino Tufillaro, Fabrizio Nevola, Federica Stefanelli, nel difficile ruolo della figlia e Roberto Tesconi.

Sono tutti puntuali e volenterosi, ma lontani anni luce da quelle regìe-sigillo di Giancarlo Sepe per le quali è è diventato famoso. Lo dobbiamo proprio ricordare che ‘La signora Warren’ è una storia dolorosa? Che è una donna tradita, sfruttata, derubata di ogni innocenza, e che ha scelto di vendicarsi contro la società che l’ha umiliata vendendo il suo corpo ed è riuscita a tenere lontana la figlia dal suo fallimento? Se non fosse per Giuliana Lojodice questa versione della Signora Warren sarebbe una delle tante. Una donna dura e tenera, risoluta e intelligente, la Warren-Lojodice che raramente ha fatto visita alla figlia nei collegi di lusso dove era alloggiata, adducendo come scusa le ‘fatiche’ di una vita di alta società. Ha grinta, carattere, ambiguità, intelligenza. Una donna splendida per cui è impossibile non parteggiare. Dal canto suo la figlia Vivie, dopo il diploma, a Cambridge, si prende una meritata vacanza, con tutta la comodità che i mezzi della ricca madre le consentono. Dopo anni di lontananza, la signora Warren decide di incontrarla per congratularsi con lei, ma ha l’imprudenza di portare con sé due uomini, il Signor Pread di Pino Tufillaro, artista un po’ innocente, un po’ colpevolmente sprovveduto, e Sir George Crofts, interpretato da Giuseppe Pambieri, suo socio in loschi affari, vizioso quanto aristocratico, è senza sorprese molto bravo. E non ci meraviglia ma si conferma ancora una volta la sua lunga esperienza in scena: una sicurezza in questo spettacolo.

La figlia ha un ruolo drammaticamente di oggi: quante madri che fanno i salti mortali si trovano a sbattere la faccia sulla porta chiusa di figlie che credono di essere, con presunzione, chissà cosa anche per merito non loro? E questo ruolo voleva anche registri diversi: non si può sempre essere belve furiose. Un po’ di dubbi ci sono anche sulle scene: non particolarmente adatte all’ambientazione della storia, che in qualche modo viene penalizzata. Due atti e qualche tempo un po' lungo, che andrebbe forse tagliato: se il regista Giancarlo Sepe lo volesse. O lo rivedesse oggi.

Titti Giuliani Foti