Venerdì 3 Maggio 2024

Risveglio democristiano

L'editoriale del direttore de La Nazione

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

Forte è il legame con Aldo Moro, del quale era allievo il fratello Piersanti, ucciso dalla mafia nel 1980. Moro circolava spesso in casa del padre Bernardo, ministro della Dc, insieme al futuro Papa Montini e a Giorgio La Pira, il sindaco di Firenze, siciliano come lui. La Pira girava con il rosario in mano e Sergio si interrogava perché quel prete non fosse vestito da prete. Sarà l’ultimo moroteo, e forse ha ragione Paolo Cirino Pomicino, che beffardamente notava come nessuno dei nomi presi in considerazione per il Quirinale, fosse figlio della Seconda Repubblica.

Del resto lo stesso Napolitano era un ex Pci, segno che i valori più solidi della nostra storia, ai quali facciamo riferimento negli stati di necessità, sono ancora custoditi nell’Italia nata nel Dopoguerra. Perfino un innovatore rivoluzionario come Renzi è andato a frugare fra le cosiddette riserve della Repubblica, per imporre un uomo che sapesse disinnescare l’incomunicabilità dei partiti.

Mattarella era stato escluso dal Parlamento nel 2008, sacrificato al rinnovamento proprio da molti di coloro che ora lo applaudono. Oggi l’Italia si affida alla democristianità di ritorno e non è detto che sia un male. Ma a pensarci bene, sarà stato proprio il frullato Dc nel Dna di Renzi, a suggerirgli l’astuta mossa, che ha dato una spallata alla stabilità di Berlusconi e ha portato all’incasso del nuovo presidente il voto nostalgico di qualche decina di orfani della Balena bianca. Geniale o traditore (versione Forza Italia) che sia stato, il premier ha salvato capra e cavoli: ha riacciuffato lo spaesato Alfano per assicurare la salute del governo, mentre ricompattava la sinistra, soprattutto del suo partito, dimostrandole che il patto del Nazareno non sono poi le tavole della legge e, soprattutto, che Berlusconi per lui non è l’interlocutore privilegiato. Difficile non riconoscergli l’abilità politica e il risultato in questa partita. Che poi anche Renzi non sbatta contro il rigore del presidente Mattarella, chiamato a firmare leggi con la penna del costituzionalista, è un’incognita che – a voler essere maliziosi – pesa sul suo successo. Ma è una garanzia in più per il Paese.