Fiorentina, Milenkovic: "Lo scontro con Higuain? Per me sono tutti uguali" / VIDEO

Il giovane difensore centrale serbo si racconta in un'intervista esclusiva. Gigante veloce, Nikola è un perfezionista: "Cerco di imparare dai più bravi"

Nikola Milenkovic

Nikola Milenkovic

Firenze, 24 febbraio 2018 - Com'era Higuain visto da vicino, anzi, per essere precisi al millimetro, da vicinissimo? Nikola Milenkovic guarda la foto: un wrestler (lui) che in Fiorentina-Juve incombe con lo sguardo da accoltellatore sulla barba del Pipita, se non impaurito di sicuro un poco intimorito di fronte al metro e novantacinque di provenienza serba. Se questa non è grinta, molto ci assomiglia. Il wrestler guarda l’immagine e – forse è un’impressione – un poco arrossisce. «Quando si gioca a calcio può succedere». Milenkovic, non deve mica giustificarsi. Però pochi ventenni sarebbero stati così aggressivi contro Higuain. «Dico la verità, per me il nome dell’avversario non conta. Non mi ha mai condizionato, tutti meritano rispetto e grande applicazione se vuoi fare bene il tuo lavoro. Il centravanti della Juve o quello di un’altra squadra per me sono uguali: devo fare di tutto per bloccarli». Ci vuole molta autostima a questi livelli. «Non so se dipende da questo, io sono a Firenze per imparare e sono convinto di aver fatto la scelta migliore, al momento giusto della mia carriera». Pensava le stesse cose anche quando era in panchina? «Assolutamente sì». Provi a essere convincente. «E’ il mio carattere, a me piace sempre imparare, capire, sommare le esperienze. E dalla panchina cercavo di assorbire tutto, non mi sono mai perso un dettaglio delle partite che ho visto senza giocare. Solo in questo modo si può migliorare, è sempre stata la mia mentalità fin da quando ero piccolo». E già voleva diventare calciatore? «Non so, lo sport in generale mi è sempre piaciuto. Avrei potuto giocare a pallamano, ma andavo forte anche sulle pista di atletica... A 14 anni ero fra i primi sei atleti della mia categoria in tutta la Serbia nella corsa sui 60 metri, non ero così alto ma insomma, già più di un metro e 80. Ho sempre avuto una grande velocità, nonostante le mie misure non proprio ridotte. Obiettivamente credo che questo sia un bel vantaggio, o comunque una dote che ti viene concessa in dono e devi sfruttare. Ci sto provando con grande concentrazione, cercando di prepararmi sempre al meglio». Il pensiero veloce sembra una sua caratteristica: a Moena lei si presentò parlando in italiano. «Mi piace essere preparato. La conoscenza della lingua mi ha aiutato fin dai primi allenamenti, credo nell’importanza dei dettagli. Anche se questo proprio un dettaglio non è». Ci racconti i suoi pregi e i suoi difetti, come persona e calciatore. «Quando uno ha bisogno cerco di aiutarlo, come si dice in italiano, ritengo di essere altruista. Come calciatore sono soddisfatto della mia velocità di esecuzione». E i difetti? «Sono perfezionista al limite della pignoleria. Quando sbaglio qualcosa ci penso davvero troppo e mi arrabbio con me stesso. Come calciatore devo imparare a restare concentrato sempre, per 90 minuti, perché ad alti livelli sbagli e ti puniscono subito. Avete visto Christensen nella partita contro il Barcellona?». Come no. Certo che quei livelli sembrano spaziali. «Io guardo quelle partite perché mi piace il calcio, ma soprattutto perché voglio imparare. Si capiscono tante cose guardando quelli più bravi». Chi l’ha colpita in Italia, a livello di difensori? «Noi abbiamo Astori, Pezzella, Vitor Hugo. Sono esempi per me». Anche se il reparto non sempre funziona bene: dodici gol da palle inattive, l’ultimo a Bergamo. Petagna era ostacolato da Biraghi, dietro c’era lei. «E’ evidente che qualcosa non ha funzionato. Diciamo che i movimenti di due-tre giocatori nel meccanismo di difesa a zona non sono stati quelli ideali». E poi quella doppia ammonizione e il rosso finale. «Beh, il primo giallo secondo me poteva anche non starci, sono arrivato in scivolata e ho colpito prima il pallone, ma non ha senso protestare perché tanto non giocherò la prossima partita. Seconda ammonizione invece giustissima, sono stato ingenuo. Mi servirà, ho imparato». Ritorna sempre questo verbo: imparare. «Faccio un mestiere da privilegiati, perché noi calciatori viviamo in modo migliore rispetto a quasi tutte le persone. Ma anche nel nostro mondo servono, se così si possono chiamare, molti sacrifici e impegno costante. Solo così si può crescere». Per arrivare dove? «Spero che la mia sia una bella carriera, quello è ovvio, ma so bene che dovrò crescere un poco alla volta e con tanta umiltà. Il mio futuro lo deciderà la Fiorentina». Che ora è in undicesima posizione. «Ma Pioli sta facendo un buon lavoro, ci insegna ambizione e coerenza nelle scelte di gioco. Il gruppo è nuovo, ma la confidenza è molto alta e sicuramente migliorerà ancora. La maglia viola pesa tanto, ne siamo tutti consapevoli, e cercheremo di riavvicinarci all’Europa». Facciamo un passo indietro a Moena, lei parlò di un altro giovane calciatore serbo. Un’apertura di credito clamorosa. «E’ vero, mi ricordo, Vlahovic». Si ricorda anche il concetto? «Dissi che sarebbe diventato uno dei primi 5 attaccanti più forti al mondo. Dusan ha fisico e grande tecnica. E soprattutto ha la testa giusta per migliorare, sempre e in ogni situazione sa cogliere quello che gli serve e lo mette da parte. Viene dal Partizan come me, lì è ammessa solo una cosa: vincere. Confermo che secondo me Vlahovic diventerà un grande giocatore». Lei invece si ispira a Vidic. «Vorrei avere la sua capacità di mettere in difficoltà l’avversario, ogni avversario del mondo. Forza, tecnica, concentrazione. Mi piacerebbe davvero diventare come lui». Di sicuro, a proposito di sicurezza, anche lei con la palla fra i piedi ne mostra parecchia. «Me l’hanno sempre detto anche in Serbia. Per me è il complimento più bello, davvero. Giocare in difesa e cercare soluzioni migliori per giocare il pallone mi piace». C’è già un partito di addetti ai lavori e tifosi che vorrebbe vederla sempre titolare. «Ringrazio tutti, spero di mettere in difficoltà Pioli sfruttando ogni allenamento per dimostrargli che mi merito un posto, anche se purtroppo per squalifica non ci sarò contro il Chievo». Si è adattato anche a giocare laterale, o quasi. «Nessun problema, l’allenatore sceglie sempre il modo migliore per valorizzare i propri giocatori». Curiosità: cosa pensa dell’esibizione di tatuaggi sul corpo dei calciatori? «Non giudico, ognuno è libero. Io non ho tatuaggi, né penso che me li farò mai».

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