Firenze, 9 gennaio 2017 - IL CORRIDOIO Vasariano cambia pelle, guarda al futuro ma in realtà, come una specie di Giano bifronte, non fa che recuperare una tradizione del suo passato mai scomparsa: l’amore per la classicità. E’ in questa prospettiva che si può leggere la trasformazione della più celebre esposizione di autoritratti – una pinacoteca lunga più di un chilometro, dagli Uffizi a Palazzo Pitti – in una prossima galleria di marmi antichi, un lapidario, per riunire almeno una parte dell’immensa raccolta di arte greca e romana, specialmente epigrafi e bassorilievi, collezionata dai Medici nei corso dei secoli e ora dispersa in tanti depositi. NEI PROGETTI del direttore Eike Schmidt il nuovo percorso sarà pronto per il 27 maggio del 2018, data dell’anniversario della strage dei Georgofili. E quando riaprirà al pubblico – attualmente chiuso per adeguamenti strutturali – non sarà più contingentato, ma libero al passaggio di tutti coloro che visiteranno gli Uffizi. Da qui la necessità di spostare gli autoritratti e sostituirli con opere meno delicate, quali appunto i reperti lapidei. «Il Vasariano è affascinante e suggestivo – sostiene Eike Schmidt – ma col nuovo allestimento sarà molto più simile a come lo aveva pensato il suo architetto Giorgio Vasari, arredato con marmi antichi piuttosto che con quadri». In effetti, pensi agli Uffizi e l’immagine che predomina è la pittura. Ma la storia dice anche altro. Non c’è dubbio che la ricchezza artistica di Firenze nasca da una passione che i Medici si sono tramandati per quasi quattro secoli. Era un collezionista Cosimo il Vecchio e lo furono gli ultimi discendenti della dinastia, come Giangastone e Maria Luisa. Mecenati e sostenitori dei grandi artisti loro contemporanei, in realtà i Medici hanno sempre avuto un gusto e un’attenzione particolare per tutta l’arte e la cultura classica, in tutte le sue testimonianze, ritenuta fondamentale per lo studio dell’antico. Ecco allora che da Roma, ma anche dalla Grecia e dall’Oriente, dal XV secolo in poi arrivarono a Firenze sarcofagi e bassorilievi, sculture, cammei, gemme, busti, reperti di opere greche e di copie romane, frammenti di frontoni. Una raccolta antiquaria ricca quanto varia, di cui i Medici ne andavano fieri. Con l’intento di restituire testimonianza a questa tradizione, il nuovo direttore ha ribattezzato il museo col vecchio titolo di «Galleria delle Statue e delle Pitture». Va detto con poco successo, perché per tutti restano solo e soltanto Uffizi. Ciò nonostante da alcuni anni la statuaria antica è tornata al centro delle attenzioni del museo. Il dipartimento diretto da Fabrizio Paolucci ha registrato numerosi restauri, studi e pubblicazioni, a cui ha dato un importavnte impulso Antonella Romualdi, scomparsa da alcuni anni. Sono ben quattro i volumi, pubblicati da Polistampa, dal titolo «I marmi antichi della Galleria degli Uffizi», che ora saranno probabilmente fondamentali anche per allestire il Vasariano. Così, nel Corridoio del 2018 non vedremo più i volti degli artisti che hanno fatto la storia dell’arte mondiale, da Vasari a Chagall. Ma ci saranno i racconti su pietra, in una sorta di Spoon River dell’antichità, con epigrafi in cui si piangono i defunti e si invocano gli dei, si celebrano vittorie e si osannano uomini e donne illustri. Insomma, ancora una volta si potrà camminare a fianco della storia.
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