Da Manzoni a Garibaldi Il torchio che ha stampato la Storia

Ritrovata la macchina delle prime 10 mila copie dei “Promessi Sposi”

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FOLIGNO (Perugia)

SOTTO I SUOI «PIEDI» di ghisa è passata la storia d’Italia dall’Ottocento ai giorni nostri e poco più sopra, attraverso il pianale sormontato dalla pressa, sono uscite le prime diecimila copie a stampa de “I Promessi Sposi”. Il torchio tipografico che ha proiettato l’opera di Alessandro Manzoni nell’empireo della letteratura italiana «dorme» in una tipografia del centro storico di Foligno. Ed è una storia nella storia, oltre che un’eccezionale scoperta, quella che ha condotto l’«Amos Dell’Orto» modello stanhope, realizzato nel 1840 ma in ottimo stato di conservazione e operativo fino a un lustro fa, dalla prestigiosa tipografia Guglielmini-Redaelli di Milano con la quale Manzoni stesso stipulò il contratto di edizione al vecchio ma ancora attivo laboratorio tipografico umbro.

ACQUISTATO ad hoc e dopo aver lavorato per due anni (fino al 1842) alla produzione dell’opera manzoniana, il torchio — modello avveniristico per allora — nel 1870, col grande scrittore ancora in vita, venne donato dal marchese Filippo Villani, fervente repubblicano, alla Tipografia Sociale di Ancona, più che altro per stampare “Lucifero”, che sotto la testata recava la dicitura «Periodico della Consociazione Repubblicana delle Marche». Tale foglio, nell’Italia che aveva appena preso forma, era molto seguito negli ambienti mazziniani, repubblicani e massoni del tempo e nei decenni in cui ebbe vita annoverò importanti direttori tra i quali il non ancora socialista Pietro Nenni. Il prestigioso torchio in fusione di ghisa e ferro continuò a sfornare proclami politici, scritti vari e perfino il manifesto funebre per la morte di Giuseppe Garibaldi.

POI VENNE messo da parte, restando comunque attivo: «tirava» partecipazioni di nozze. Ormai nel ’900, e nei mesi burrascosi della fine del secondo conflitto mondiale, il proprietario della Tipografia Sociale anconetana dovette sfollare a Fabriano, dove conobbe una folignate che poi sposò, decidendo di trasferire la propria attività in Umbria, appunto a Foligno.

Si deve allo storico Luca Radi, innamorato della sua città, la riscoperta del torchio, conservato con cura dagli attuali titolari della tipografia folignate, Enrico e Nicola Pellegrini. L’attribuzione è certa: proprio il periodico anconetano “Lucifero” (è documentato in copie recuperate) nel 1870 pubblicava la notizia della presenza in tipografia di un simile strumento legato a Manzoni, facendo esplicito riferimento in un articolo al «famoso torchio in ferro col quale fu stampata a Milano la prima edizione dei Promessi Sposi».

«C’È EVIDENTEMENTE un genius loci — racconta lo stesso Radi — che richiama a Foligno la storia delle opere che hanno fatto grande la nostra letteratura. Qui nel 1472 Numeister e Orfini dettero alle stampe la prima edizione della Divina Commedia, qui, dopo lungo peregrinare, è giunto nientemeno che il torchio dei Promessi Sposi. Foligno si conferma di fatto la vera capitale nazionale della stampa, una vocazione che merita di essere tutelata ed arricchita».

In via della Rosa, nel cuore dell’antica tipografia che sembra aver fermato il tempo con i suoi attrezzi polverosi e gli ingranaggi cigolanti, ora si battono con tutte le forze per non far morire la storia di un manufatto tanto glorioso.

LA «PRO FOLIGNO» del presidente Alfredo Ottaviani e di Paolo Battaglini ha adottato la pressa manzoniana e intende quanto prima utilizzarla nell’ambito di un museo permanente dell’arte della stampa. Con la pressa dei Promessi Sposi che, opportunamente restaurata, tornerebbe a stampare. Oggi come in quel lontano novembre di 174 anni fa, quando il torchio, col suo primo lavoro, scriveva a caratteri cubitali la storia della nostra letteratura. E sarebbe un’altra occasione, l’ennesima, per rilanciare l’immagine dell’Umbria come terra in felice controtendenza: altrove puntano tutto sulla tecnologia sfrenata, qui invece lo sguardo è anche volto al passato, al ritorno delle antiche botteghe, al gusto delle sapienti riscoperte artigianali. E il vecchio torchio diventa una favola tutta da raccontare, dai fasti letterari di Alessandro Manzoni fino alla genuinità di una vecchia ma sempre affascinante tipografia artigianale.

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