di TITTI GIULIANI FOTI

 

Firenze, 29 settembre 2013 - «ILDEGARDA è entrata nel mio percorso di ricerca spirituale. Lo so, è una frase abusata, ma è la verità. Da tempo mi interesso di temi della vita più profondi, qualcosa di attinente a ciò che accade. E’ impossibile continuare solo con questa superficialità».

 

Cristina Borgogni sa che l’antidoto più sicuro è l’attenzione. E’ il mini ritratto di un’attrice fiorentina brava e bella come poche, sempre grande sul palcoscenico. Un’artista che dopo trent’anni di teatro, oggi è giovane lo stesso, ma completa. Una delle poche scelte da Vittorio Gassman, presa assieme a pochissimi altri dalla famosa Bottega teatrale. E arrivare, primo impegno, a De Filippo. Attraverso «Ildegarda», il lavoro di Cristina Borgogni — debutto il 4 ottobre alle 21 al teatro della Pergola — due giorni di eventi “L’uomo, una incontenibile esigenza di infinito” arricchendo il dialogo tra fede e arti con questo spettacolo promosso dal’Opera di Santa Maria del Fiore. «E’ il mio omaggio a una donna straordinaria — dice Cristina Borgogni — alla sua vita e alle opere. Una donna che ha sofferto e che ha avuto molto coraggio». In scena con lei Paolo Lorimer.


Cristina, cosa l’ha colpita di Ildegarda?
«Che nel 1100 fosse scienziata e musicista, che abbia scritto libri su malattie e sessualità di uomini e donne. Ho studiato tanto di lei: era conosciuta come madre della medicina psicosamatica; la prima al mondo che nel Mille aveva capito l’interazione tra corpo e psiche. Una donna incredibile, una specie di Leonardo da Vinci».
 

Una monaca scienzata?
«Anche: sono andata in Francia e ho trovato tante cose. E’ stata una grande musicista, ad esempio, da aver cambiato il canto gregoriano. Ha scritto trattati sull’alimentazione che non solo sono attuali, ma a sentire i medici, non siamo ancora arrivati all’altezza di Ildegarda».
 

Addirittura?
«Sì, ed è un peccato che poche persone conoscano la storia di questa donna, una specie di genio e una mistica. E mi sono meravigliata della coincidenza: l’anno scorso Papa Ratzinger l’ha nominata santa e dottore della Chiesa. Proprio mentre la studiavo. E’ stata un’emozione».
Ci vuol coraggio a portare in scena la storia di una monaca.
«Ho iniziato a scrivere questo spettacolo due anni fa, non esistono testi teatrali che raccontino Ildegarda. Pensavo che nessuno potesse comprare uno spettacolo su un monaca. E invece non è stato così: l’abbiamo portato in in varie parti d’Italia ed è stato un grande successo. Il pubblico ha capito. Riflettere insieme, forse è diventata un’esigenza». Perché niente è banale per chi non è banale.